Viaggio nel cielo #Google, MARCO CASTELNUOVO (CorrierEconomia, 13/3/17)

Se una società investe 30 miliardi di dollari su un progetto deve crederci assai. Anche se la società si chiama Google, che certo non ha problemi di soldi, e il progetto va sotto l’ampio ombrello del «cloud», un settore in veloce espansione che detta attualmente i tempi dell’innovazione globale. Il ritardo con il quale Google scende in campo dopo timidi tentativi cerca di essere colmato oggi sfruttando tutta l’enorme potenza di fuoco del gigante di Mountain View. Tutti gli strumenti di uso quotidiano ormai per le singole persone (da YouTube, alle mappe, alle videoconferenze, alla suite di prodotti di scrittura e di calcolo) sono ora messi a disposizione delle aziende. Insieme a strumenti nuovi quali un motore di ricerca che permette il riconoscimento dei visi o degli ambienti nelle foto e nei video. C’è tanto da recuperare, visto che i più agguerriti concorrenti sono molto avanti: a oggi Amazon ha il 40% del mercato, seguita da Microsoft e Ibm. Questa rivoluzione «gentile» è in mano a Diane Greene, una delle più influenti personalità del mondo hi tech nel mondo, in azienda da novembre 2015 con il ruolo di vice presidente di «Google Cloud». Una signora di 62 anni, lontana dagli stereotipi «nerd» classici della Silicon Valley, ma sempre più centrale nello sviluppo di questa ennesima vita di Google. Tanto che l’ex premier italiano Matteo Renzi, durante il suo recente viaggio a San Francisco, l’ha voluta incontrare per illustrarle le sue idee nel campo dell’education. Google cambia, dunque, e lo fa velocemente. Forse per spostare il business ancora troppo incentrato sui ricavi da pubblicità (circa l’88% del totale) e in attesa che prendano forma altri ritorni di investimento. Per cambiare rotta alla nave in navigazione, Greene ci ha messo poco più di un anno. Puntare sul «cloud» significa anche spostare il focus dall’utente finale alle aziende, mutamento culturale prima ancora che economico. «Per cambiare mentalità a Google abbiamo assunto molte nuove persone», ha spiegato Greene, consapevole del lusso che si può permettere, mentre si mostra tranquilla davanti ai ritardi:«C’è ancora molto spazio – racconta
a L’Economia del Corriere – visto che il 95% dei dati non è ancora in cloud». Per il ceo di Google, il 44enne Sundar Pichai, «siamo entrati nell’era dell’Intelligenza artificiale». Questo pervade ormai tutti gli strumenti di Google pensati per il consumatore, dall’assistente vocale già in commercio ai test per l’auto senza guidatore. E sul cloud il manager ha affermato: «Si tratta di una scommessa vinta; per me è la naturale estensione della nostra missione di rendere più accessibili e facili le informazioni». Ma la chiave per sfondare nel mondo delle aziende è l’abbinamento con un motore di learning machine (cioè di genza artificiale dell’Università), e responsabile scientifico per il «cloud» di Google dell’intelligenza artificiale e il machine learning. Quarantenne nata a Pechino, minuta e tosta allo stesso tempo, è sposata a un italiano, collega a Stanford. È a lei che spetta il compito più arduo e affascinante, sia da un punto di vista strategico, sia commerciale. «Il prossimo passo è la democratizzazione dell’intelligenza artificiale – ha raccontato dal palco del Moscone Centre, quello dove Steve Jobs svelò al mondo l’iPhone dieci anni fa, in occasione del Google Next di San Francisco (la conferenza annuale attraverso cui l’azienda presenta agli sviluppatori e alle imprese le sue novità e gli obiettivi nel settore, ndr) —. Dobbiamo rendere la piattaforma disponibile a più persone possibili perché cambierà il nostro rapporto con il mondo, il nostro modo di lavorare e di vivere». Ci sono alcuni esempi che confortano questa tesi: dal mondo dei retail a quello della salute, sono tantissime le funzioni che potrebbero essere automatizzate dalla tecnologia. «È molto difficile e caro per una singola società sfruttare i propri database con questo livello di tecnologia. Attraverso le nostre piattaforme, riusciamo ad abbattere i costi per ampliare il numero dei soggetti che può avere accesso ai dati». Le partnership con alcune multinazionali annunciate a San Francisco (da Ebay a Colgate, da Verizon alla banca Hsbc), sono il segno del nuovo corso di Google, una soluzione all-in per le aziende che vogliono risparmiare affidandosi agli standard di Google in termini di sicurezza, velocità e scalabilità. Ma secondo un’indagine di Forrester research, nel prossimo anno oltre il 38% delle imprese realizzerà ambienti cloud privati, il 32% adotterà soluzioni disponibili su public cloud mentre il 59% ricorrerà a un modello di cloud ibrido. Il mercato dunque sta spingendo verso le soluzioni capaci di combinare privato e pubblico, dove, a oggi, è IBM il leader mondiale. La sfida è quindi lanciata. Nel passato —
basti pensare ad Android o a Chrome – Google ha sem-pre imposto in breve tempo la propria leadership, come ha fatto – e continua a fare – il Barcellona diLeo Messi nel panorama del calcio mondiale.
Chissà se questa volta la remuntada, per «Big G», sarà possibile.

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