#umanesimo #digitale #contemporaneo
Storia e numeri di Brunello Cucinelli (Francesca Nunberg, Messaggero, 7/9/18)
CORCIANO (PERUGIA) Brunello Cucinelli da borgo Solomeo alla Silicon Valley. Pare un ossimoro, l’accostamento degli opposti, per il re del cashmere che definisce il lusso «vivere una vita che il nostro smartphone non conosce». Eppure a fine mese Cucinelli lascerà le dolci colline dell’Umbria diretto al Dreamforce di San Francisco: «Mi ha invitato Jeff Bezos che vuole conoscermi. Io gli ho detto: voi siete i Leonardo di oggi. Quando umanizzerete la rete, l’umanità starà molto meglio». Nel santuario della tecnologia, davanti al fondatore di Amazon, Cucinelli parlerà di uno dei temi che più gli stanno a cuore, l’equilibrio tra l’innovazione digitale e le relazioni tra le persone, di quell’«umanesimo digitale contemporaneo» di cui ha fatto una bandiera. In tempi di tecnologia sfrenata lui parla di «tecnologia garbata» e insiste col «troppo tempo trascorso su internet», invitando a ripensare gli orari di lavoro: «Da noi si comincia alle 8 e si stacca alle 17,30, non voglio che i miei dipendenti restino connessi più del necessario. Nessuno deve mandare e-mail di notte, né riceverle».
IL GENIUS LOCIStaccare per esserci, usare con sapienza «l’immenso dono» che è internet, e poi la fabbrica etica, la periferia amabile, una sostenibilità che sia prima umana che ambientale («Se un’azienda si vanta di riciclare la plastica ma poi paga l’operaio 180 dollari al mese, di cosa stiamo parlando?»). Cucinelli racconta la sua avventura umana e imprenditoriale, i suoi primi 40 anni di lavoro adesso che ne ha 65, il piccolo mondo costruito a sua immagine e somiglianza («ma esportabile in altre periferie»), i progetti che sono sempre uno in più.
Prima il borgo Solomeo restaurato badando a ogni singola tegola ma soprattutto al genius loci, poi i capannoni acquistati per abbatterli: «Deturpavano la valle. Mio padre mi ha detto: tu mi sembri proprio matto, che Dio ti aiuti…». E una mano deve avergliela data, perché lì adesso ci sono vigne, frutteti e girasoli. Dove ti giri vedi cose: il Teatro, la Fondazione, la Scuola di arti e mestieri (sartoria, ricamo, modelleria, arti murarie), il Monumento alla dignità dell’uomo, esedra di marmo che stupisce in mezzo alla campagna. Come il suo modo di vivere e di fare impresa.
I NUMERI
Quotata in Borsa sei anni fa, l’azienda del cashmere made in Solomeo nel 2017 ha superato la soglia dei 500 milioni di euro di ricavi, raggiungendo quota 503,6, in crescita del 10,4% rispetto all’anno precedente: vi lavorano 1700 persone, l’85% del prodotto viene esportato. Ma di numeri Brunello non vuol parlare, piuttosto racconta del libro costato cinque anni di fatiche, uscito proprio ieri, a cura del suo amico e sodale l’architetto Massimo de Vico Fallani. Insieme intrattengono i cinquecento ospiti italiani e stranieri invitati per celebrare l’anniversario.
«L’ho scritto pensando ai Pensieri di Marco Aurelio – spiega l’imprenditore – c’è tutta la mia vita, dal babbo che adesso ha 97 anni e mi insegnava a fare dritti i solchi con l’aratro dicendo guarda che i debiti lavorano anche la domenica, agli anni della scuola, al trasferimento da Castel Rigone alla città… Ho studiato poco, c’era il 6 politico, a Ingegneria ho dato un esame solo. Poi però al bar Gigino con gli amici ho scoperto Kant…». E da lì non s’è più fermato: ora cita Platone, Marco Aurelio, Rousseau, Confucio, Erasmo e Pitagora.
L’INTUIZIONE
Nel libro (Il sogno di Solomeo. La mia vita e l’idea del capitalismo umanistico, edito da Feltrinelli) c’è la storia dell’azienda, nata da un’intuizione. «A 24 anni – scrive – fui assunto come indossatore da una casa di abbigliamento sportivo, a 25 decisi quello che volevo fare: produrre pullover di cashmere da donna colorati, destinati a una fascia di mercato di lusso assoluto». Poi l’acquisto di 20 chili di cashmere di colore écru, quanto bastava per circa 60 pullover e l’incontro con il tintore Alessio che gli disse: «Lei è pazzo a tingerlo di questi colori». Una frase che nella vita deve aver sentito spesso. Ma non se n’è mai curato, come pure la moglie Federica conosciuta quando aveva 17 anni che lo segue nei suoi progetti assieme alle figlie Camilla e Carolina.
IL PRIMO ORDINE
Dal signor Albert Franz di Bolzano arriva il primo ordine di 53 pullover, e da lì «la minuscola fabbrica volge la prua verso il mare aperto», da Perugia si sposta a Solomeo, poi i viaggi e il successo internazionale. Germania, America, Russia, Cina. Il passaggio dalla maglieria al total look di abbigliamento uomo-donna più borse, scarpe e accessori. Fino a arrivare al Cucinelli di oggi, di un’eleganza avvolgente, inarrivabile per i più. Comunque lui che si definisce «artigiano umanista del web» e lavora usando in sinergia «l’ago, le forbici e l’elettronica», legge e rilegge la Regola di San Benedetto e la domenica sera ancora s’incanta a guardare il fuoco come faceva da bambino. Appuntamento il 19 settembre nello showroom di Milano per la presentazione della spring/summer 2019.