Tutte le (false) leggende sulle #Amazzoni
Ma i pantaloni erano veri
di Anna Meldolesi (Corriere, La Lettura 19/10/14)
Si fa presto a dire Amazzoni, in realtà ne esistono di almeno tre tipi. Quelle dei miti greci, con cui si sono scontrati i grandi eroi come Teseo ed Eracle. Poi ci sono quelle delle saghe asiatiche, dalla Persia alla Cina. Anche loro si battevano con valore, lasciando i nemici maschi in una pozza di sangue. Le Amazzoni del terzo tipo sono le donne guerriere delle steppe, che non appartengono al regno dell’immaginazione ma alla storia. L’archeologia ne ha dimostrato l’esistenza e per chi le vuole conoscere The Amazons di Adrienne Mayor è una lettura obbligata. Sono queste cavallerizze del I millennio a. C., armate di arco e spada, ad aver ispirato i personaggi e le gesta narrate da mitografi e storici antichi. E in definitiva sono sempre loro l’archetipo su cui si è modellata la cultura delle donne guerriere di film e fumetti. Dall’eroina protofemminista Wonder Woman alla marziale Uma Thurman di Kill Bill . Le Amazzoni del quarto tipo, insomma.
Le Amazzoni vere conducevano una vita nomade in un’ampia regione intorno al Mar Nero, popolata da molte tribù e chiamata Scizia. Le sepolture di guerriere qui si contano a centinaia, una donna scita ogni 3 o 4 risulta inumata con le proprie armi, spesso anche con il proprio cavallo. Le bambine venivano addestrate alla caccia e alla guerra come i loro fratelli, da grandi potevano decidere se sposarsi o continuare a combattere.
Una tomba tipica è quella del IV secolo a. C. scoperta a Tira. Due lance conficcate nel terreno all’entrata, due all’interno di fianco allo scheletro. Sul cranio la lesione lasciata da un colpo d’ascia, nel ginocchio la punta di una freccia. Il corredo funebre comprendeva gioielli e uno specchio, ma anche una faretra con venti frecce. Si pensa che ne venissero scagliate fino a 15-20 al minuto e coprissero una distanza di 150-180 metri. La tecnica prevedeva che il cavallo corresse in avanti mentre la guerriera era rivolta all’indietro. Proprio frecce e cavalli consentivano alle donne di essere altrettanto veloci e letali dei soldati dell’altro sesso. Le Amazzoni storiche vivevano una condizione di parità inimmaginabile nella Grecia antica ma non odiavano gli uomini, non avevano scelto di vivere senza di loro, non costituivano una ginecocrazia. Non erano vergini né mantidi religiose, non schiavizzavano né mutilavano i maschi come ci siamo abituati a credere. Non è vero neppure che si privassero di un seno per tirare meglio con l’arco.
Dal punto di vista della medicina e della tecnica sportiva non ha alcun senso, eppure questa credenza diffusa dagli storici antichi — con l’eccezione di Erodoto — resiste da 25 secoli. Deve aver fatto presa perché allude a qualche stranezza di tipo sessuale, è pulp, sembra dire che la femminilità è il prezzo da pagare per l’indipendenza. Agli Sciti maschi, però, se ci pensate, è andata anche peggio: cancellati dai miti con l’invenzione delle tribù unisex o raccontati come disabili e succubi. L’ipotesi che degli uomini sani accettassero di condividere con le donne il potere doveva sembrare inverosimile.
La parola Amazzone ha un’etimologia dibattuta ma non significa «senza seno» come la vulgata vorrebbe. Omero ha usato l’espressione Amazones antianeirai . Un sostantivo senza desinenza femminile, a indicare un popolo composto da ambedue i sessi, accompagnato da un epiteto femminile a rimarcare l’eccezionalità delle sue donne ( antianeirai non vuol dire «contro gli uomini» ma «uguali agli uomini»).
È curioso che i Greci le raccontassero con un seno solo ma le dipingessero con entrambi, per non rinunciare alla bellezza di un corpo simmetrico. Comunque su vasi e fregi le raffiguravano più coperte degli eroi maschi, a cui la tradizione imponeva una nudità atletica.
Di solito le Amazzoni fantasy dei tempi nostri, come Xena, esibiscono le forme strizzandole in corazze sagomate come corsetti. Quelle vere no. Si vestivano in modo colorato, con berretti a punta, tuniche a maniche lunghe (magari rinforzate con tante piccole placche metalliche) e un indumento inammissibile in Grecia: i pantaloni. Sulla pelle usavano tatuarsi animali veri e immaginari, bevevano latte di giumenta fermentato e si inebriavano con la cannabis, praticavano una religione animista e totemica. Esploratori e mercanti devono aver raccontato i loro costumi ai Greci, che ai fraintendimenti hanno aggiunto l’immaginazione. Il loro successo nell’arte e nella letteratura antica è dovuto a una miscela di sex appeal e brivido, come per gli odierni vampiri, ha scritto la storica Amanda Foreman sullo «Smithsonian Magazine». Ma c’è più di questo. Una scuola di pensiero sostiene che le Amazzoni facessero parte di un rituale di iniziazione per i ragazzi, mentre alle ragazze fornivano un modello negativo, da non seguire. Forse, ragiona Mayor, la loro ubiquità indica altro. L’idea della libertà delle donne era inconcepibile nella società ellenica, ma aveva già il suo fascino e una sua plausibilità se relegata in terre lontane.