#Social e #generazioneZ
«Usiamo meglio il nostro tempo» Via dai social network a 18 anni
dal nostro inviato a Londra Michele Farina
Confronti perenni, relazioni false e insulti
Sempre più giovani li abbandonano
o li considerano meno importanti
Tendenza opposta tra gli over 45
Corriere della Sera – 30 agosto 2018 – pagina 23
Mary Amanuel ha 17 anni e si è fatta fotografare in un bar di Londra, con il cappuccino e un libro il cui titolo non è casuale: «Il mondo nuovo» scritto da Aldous Huxley nel 1932, un affresco distopico sulla vita intorno all’anno 2540, in una società basata su tecnologie della riproduzione in serie (anche degli esseri umani). Mary ha fatto un percorso inverso: è tornata a vivere in un vecchio mondo analogico, tagliando le connessioni dei social network che «riproducono» il nostro Io su mille piattaforme/specchi. La sua visione sarà anche apocalittica, ma un numero sempre maggiore di teenager fa come lei o ci sta pensando.
Molti teenager vivono una crisi di rigetto che risulta tanto più sorprendente (o rivelatrice) considerando che i ragazzi della generazione Z (nati a cavallo del Millennio) sono i primi veri «nativi digitali» della storia. Sono cresciuti su queste tappe: Facebook 2004, Twitter 2006, Instagram 2010, Snapchat 2011. Mentre i loro genitori abbracciano i social, loro cominciano a diffidarne. Una ricerca di Ampere Analysis su novemila ragazzi testimonia questa inversione: nel 2016 erano 66 su cento a sostenere che «i social sono importanti per la mia vita». Nel 2018 questa percentuale è calata al 57%. Chi ha più di 45 anni fa il percorso opposto: solo nell’ultimo anno gli entusiasti dei social sono passati dal 23 al 28%. Metà dei giovani intervistati in una ricerca di Hill Holliday ammette di aver abbandonato almeno una piattaforma social o di volerci pensare. E «il 44% di chi ha lasciato sostiene che la prima motivazione — dice Lesley Bielby al Guardian — è questa: «Vogliamo usare meglio il nostro tempo».
Mary Amanuel l’ha capito al supermercato, con un’amica che continuava a contare i «like» di un suo post («Wow, 40, adesso 42…»). «Ho pensato: ma tutto questo è ridicolo». Per Emily Sharp, 15 anni, la goccia è stata il bullismo online «che mi fa paura». Emily ha lasciato i social a 13: «Sono l’unico barometro di popolarità. Se hai 80 follower su Instagram non sei nessuno, con duemila sei un figo. Io preferisco non sapere che cosa pensa la gente di me». Isabelle, 18 anni, racconta dei suoi compagni di classe ridotti a zombie: «Nessuno fa più conversazione. L’unico contatto: “Mi dai il tuo telefono che ti scrivo su WhatsApp”»?.
Il Guardian ha raccolto un gruppo di ragazzi e ragazze che «hanno smesso». Ascoltare le loro storie è interessante anche per capire i nostri valori di riferimento. Jeremiah Johnson, 18 anni, di Luton, non ne poteva più di essere continuamente immerso «nella competizione su chi appare più felice». Dopo aver mollato Facebook a 16 anni, si è fatto convincere dagli amici a mettersi su Instagram. È durata soltanto sei mesi: «Se hai una brutta giornata e cominci a scorrere le vite degli altri, sei bombardato da immagini di gente che festeggia. Se è una rappresentazione vera, ti deprimi. Se è finta, che senso ha partecipare al teatrino?».
In controluce si vede la fatica, se non lo stress, di essere all’altezza di questa continua ricerca dell’approvazione degli altri, la corsa alla felicità, oltre al fastidio di essere sempre raggiungibile e controllato (magari con Snap Map). Uscire dal gioco offre vantaggi e svantaggi. Mary Amanuel racconta delle colleghe allibite quando ha confessato loro di non usare Snapchat: «Mi hanno guardata con disgusto. Ho dovuto aggiungere di esserci ma di non usarlo». L’assenza totale può anche dare una spinta alla popolarità: Tyreke Morgan, 18 anni, ride di soddisfazione quando dice che «c’è gente che per arrivare a me deve chiedere ad altri». Chi non è online diventa cool. «Ho amici che mi incontrano e dicono: Tireke, ce l’ho fatta. Niente più social». Il ribaltamento dei ruoli: presto saranno i ragazzi a imporre limiti al tempo che passano sui social genitori e nonni?
intreccio.eu – Patente obbligatoria per navigare in rete. “La responsabilità è dei genitori”