Sali sulla #metro ti ritrovi nell’ #antica #Roma
La Linea C dell’Urbe sarà un viaggio nel tempo: tra le scoperte una #caserma del II secolo d. C.
di Flavia Amabile (La Stampa 1/6/16)
Quando il gioco si fa duro i duri iniziano a giocare, direbbe John Belushi. È più o meno quello che pensa Francesco Prosperetti, soprintendente per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’area archeologica di Roma. Finora la linea C in costruzione non è un capolavoro in fatto di estetica. Ma fra meno di un anno dovrebbe aprire la stazione San Giovanni: sarà l’inizio di quella che la Soprintendenza e i suoi consulenti vorrebbero trasformare nella metropolitana della Storia Obbligata, dove i passeggeri entreranno e si immergeranno in un viaggio nel tempo.
Il modello è Napoli, dove si è riusciti a creare un capolavoro d’arte contemporanea, quello che il critico d’arte Achille Bonito Oliva ha definito il «Museo Obbligato». «A Roma stiamo provando a fare qualcosa di simile», spiega Andrea Grimaldi, docente al Dipartimento Architettura e Progetto alla Sapienza di Roma. Insieme con il suo collega Filippo Lambertucci sta curando gli allestimenti della stazione San Giovanni.
Un filare di pesche
Il viaggio del tempo inizierà da lì, da un’azienda agricola del primo secolo d.C. emersa dagli scavi preventivi curati dalla direttrice del Colosseo Rossella Rea a circa 14 metri sotto le case e le strade del quartiere. E poi un filare di sei alberi di pesche con pezzi di frutti ancora intatti e persino le pertiche di legno usate per sostenere i rami in perfetto stato di conservazione. E poi ami, frecce e altro ancora a indicare che in questa zona, durante il periodo di massima espansione dell’impero romano, si coltivava la terra, si andava a caccia e pesca.
Nulla di determinante da un punto di vista storico, ma quanto basta per dare alla stazione che si aprirà un significato particolare. «Chi arriverà ai binari – racconta Rossella Rea – si troverà nel mondo della zona di san Giovanni dell’epoca che precede la presenza dell’uomo. Risalendo, incontrerà il periodo romano e, andando ancora più su, arriverà fino ai giorni nostri». Usando pannelli, luci, scritte, figure, colori, parapetti smaterializzati e reperti che saranno collocati dove sono stati trovati, si proverà a catturare l’attenzione dei passeggeri dando loro l’idea dello scorrere di oltre due milioni di anni di storia.
Stazione Amba Aradam
Ma è ancora nulla rispetto a quello che accadrà nella stazione successiva, quella di Amba Aradam dove gli scavi preventivi non avevano rilevato nulla di importante e invece ci si è imbattuti in una caserma del II secolo dopo Cristo, trentanove stanze, quasi duemila metri quadrati di estensione, pavimenti a mosaico, affreschi alle pareti e un patrimonio di informazioni che gli archeologi stanno ancora ricavando e poi elaboreranno. Sarà la prima caserma romana visibile senza vincoli di sorta da parte di tutti. La struttura sarà smontata, le parti decorate saranno staccate. Il tutto verrà accantonato ai lati del cantiere e alla fine dei lavori (bisogna scendere ancora di 15 metri) sarà rimontato esattamente dov’era. Scadenza dei lavori prevista: il 2021. «Non prevediamo ritardi né aumento dei costi, ma questa diventerà la prima vera stazione archeologica di Roma», assicura Prosperetti.
Il quadro diventa più nebuloso se si prova a immaginare che cosa accadrà dopo la fermata Amba Aradam. Ci sono due stazioni, Fori e Venezia, e un unico punto fermo, l’Auditorium di Adriano, riemerso davanti all’Altare della Patria. È quella che Rossella Rea definì «una delle scoperte archeologiche più importanti degli ultimi settant’anni, dopo i Fori Imperiali», e Gianni Alemanno, allora sindaco, «un buco».
La Storia Obbligata
Sono riapparse due aule rettangolari, in quella meglio conservata ci sono due gradinate, una di fronte all’altra, grandi balaustre di marmo bianco, il soffitto a volta di una delle aule. In attesa di capire che cosa fare, le parti più delicate sono state ricoperte, ma è certo che il racconto di un pezzo della Roma imperiale è cambiato dopo il ritrovamento e che la stazione di piazza Venezia sarà un’immersione nella storia con i passeggeri che cammineranno ammirando l’Auditorium. Sarà questa la metropolitana della Storia Obbligata, quella che molti vorrebbero cancellare imputandole ritardi e aumenti stellari dei costi. Accuse che vengono smontate leggendo la relazione inviata alla Corte dei Conti dall’Anac, l’Autorità Anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone. Su 45 varianti intervenute negli anni, 9 (il 20%) sono legate all’archeologia. Ma, come ricorda Prosperetti, da un punto di vista economico hanno provocato un aumento del 2,5% dei costi. Fra molti anni qualcuno forse riuscirà a calcolare anche il guadagno di una linea che attraversa la storia.