#Rinascita di un #impero

La gloria di #Persepoli, una città-teatro sopravvissuta alle conquiste e all’oblio di Viviana Mazza (Corriere 25/6/16)

«Questa mostra è una novità assoluta per l’Italia», commenta Giovanni Curatola, professore di Archeologia e Storia dell’arte musulmana all’Università di Udine. Venticinque opere provenienti dal Museo archeologico di Teheran e da Persepoli saranno ospitate al Museo archeologico nazionale di Aquileia. La mostra Leoni e tori. Dall’antica Persia ad Aquileia è dedicata alle dinastie achemenide e sasanide che regnarono dal VI secolo a.C. al VII secolo d.C.

Solo una volta dopo la rivoluzione khomeinista del 1979 c’è stata in Italia una mostra sull’antica Persia, con 177 pezzi esposti a Roma. Era il 2001, venne Mohammad Khatami: prima visita in un Paese occidentale di un presidente della Repubblica Islamica. Quest’anno Hassan Rouhani ha ripetuto il viaggio, dopo l’accordo nucleare con l’Occidente e la fine delle sanzioni. E così torna l’arte persiana «anche se, da un punto di vista culturale e archeologico — nota Curatola — una chiusura netta non c’è mai stata».

Almeno un pezzo è comune alle due mostre: una base composta da tre leoni in bronzo proveniente da Persepoli, forse destinata a sostenere un braciere. Curatola si augura che la prossima volta arrivino pure opere d’arte islamica, «perché anch’essa ha avuto un apporto storico decisivo».

Il tema che lega bracciali, pugnali, lamine, capitelli in mostra sono le forme del leone e del toro. Ci sono a Persepoli 27 scene di lotta tra questi animali, scrive nel catalogo l’iranista Carlo Cereti, attaché culturale dell’ambasciata italiana. «Non c’è concordia sull’interpretazione: raffigurazione astrale del Nouruz, il capodanno iranico, che cade il giorno dell’equinozio di primavera? Simbolo dell’eterna lotta tra il bene e il male, tra la luce diurna e le tenebre notturne? O semplice rappresentazione del potere del sovrano, identificato con il leone?».

È interessante comunque — osserva Curatola — che «nel discorso del mondo zoroastriano, questa è una lotta sanguinaria che si rinnova sempre. Il leone abbatte il toro, le cui corna ricordano il crescente lunare, ma non si tratta di una sconfitta assoluta, è un ciclo. Il Bene prevale, ma il Male non viene del tutto annientato».

Persepoli è dedicata alla celebrazione dell’impero, «è una parata del 2 giugno permanente», spiega Curatola. E fu distrutta da Alessandro Magno nel 330 a.C. «Nella sala delle cento colonne, fu trovato un metro di cenere. Noi conserviamo l’ossatura di Persepoli ma le rifiniture in legno, gli arazzi, i tappeti, tutto è scomparso. Ci fu un saccheggio spaventoso in questo luogo, che, secondo gli specialisti, non è una città ma un teatro. Le città erano Susa, Ecbatana, Pasargade. Persepoli invece era una vetrina rispetto agli altri popoli. Sull’Apadana si svolgevano la cerimonia del Nouruz e altre feste. Arrivavano le delegazioni a deporre omaggi. Il momento della celebrazione del potere coincideva con il patto con la divinità solare, della primavera e del rinnovamento, nell’ideologia zoroastriana». La costruzione iniziò nel 520 a.C. sotto Dario I: nelle tavolette ritrovate, sottolinea di averla edificata con i materiali migliori d’ogni parte dell’impero, dalle coste del Mediterraneo al subcontinente indiano. Sembra che tutta la manodopera fosse altamente specializzata: anche i capitelli, benché collocati a 30 metri d’altezza, sono lavorati con precisione assoluta.

Un frammento di capitello achemenide mostra un volto umano con tratti taurini. La barba è resa con un motivo a piccole spirali e sulla testa porta una corona con una fascia a tre, entrambi tratti assiro-babilonesi. «L’arte persiana pescava da elementi artistici limitrofi, assiri ma anche egiziani — spiega Curatola —. D’altronde questa civiltà si trovava in una zona di cerniera e nasce policentrica. Si rifà a ciò che c’era prima e sarà importante per ciò che venne dopo. Il dittatore iracheno Saddam Hussein riprenderà il motivo della corona assiro-babilonese, facendo passare in maniera subliminale l’idea di continuità. L’ultimo Scià di Persia, Reza Pahlavi, 2.500 anni dopo Ciro, scelse Persepoli per riallacciarsi alla gloria del passato».

In mostra ci sono pezzi d’epoca sasanide (l’ultimo impero iranico prima della conquista islamica) come un piatto d’argento che raffigura una scena di caccia al leone. «I Sasanidi — nota Curatola — si rifanno al mondo achemenide, mentre distrussero ogni segno dei 4 secoli di dominazione dei Parti. Una damnatio memoriae . Anche durante la rivoluzione di Khomeini, si sparse la voce che un gruppo di Pasdaran era a Persepoli ritenendolo un luogo pagano da distruggere, ma gli operai iraniani difesero il sito. Passato quel momento di fanatismo, non è successo niente».

       

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