Quanto è moderna Pompei. Il mito ha sedotto l’Europa 

Picasso e Le Corbusier, Martini e Moreau. Così la tragedia cambiò la sensibilità degli artisti 

di Paolo Conti (Corriere La Lettura 29/3/15)

Una, cento, mille Pompei. Non solo quella oggettiva, emersa dagli scavi dopo il 1748. Ma anche quella sognata, reinterpretata, metabolizzata in mille vicende culturali in Europa e in tutto l’immaginario dell’Occidente, citata e rivista attraverso il filtro della fantasia e del gusto del momento. Pablo Picasso, Arturo Martini, Gustave Moreau, solo per citare tre artisti di periodi e sensibilità diversi e lontani, ebbero in Pompei, nei suoi scavi, nei suoi colori una fonte di poetica ispirazione. Ma l’aria di Pompei spira fortissima, e anche qui bastano come esempi, nel comune gusto di due sovrani come Ludwig I di Baviera, che nel 1840 volle un Pompeianum tutto per sé al castello di Aschaffenburg, e l’imperatrice Elisabetta d’Austria, che nel suo Achilleion a Corfù fuse citazioni del mondo greco con altre dell’universo pompeiano. 

È la suggestiva scommessa della mostra Pompei e l’Europa 1748-1943 che aprirà il 27 maggio tra il Museo Archeologico nazionale di Napoli e gli scavi di Pompei, per chiudere il 2 novembre. La curatela è affidata a Massimo Osanna, titolare della Soprintendenza speciale di Pompei, Ercolano e Stabia, con Maria Teresa Caracciolo e Luigi Gallo. La macchina organizzativa coinvolge anche il Grande Progetto Pompei (crocevia di collaborazioni tra diversi dicasteri), la Soprintendenza per i beni archeologici di Napoli, Electa per l’organizzazione (e il catalogo) e l’architetto Francesco Venezia per l’allestimento. 

Nel 2013 si polemizzò a lungo, in Italia, sul gran successo della mostra londinese Life and death in Pompeii and Herculaneum , organizzata al British Museum dal 28 marzo al 29 settembre di quell’anno (mezzo milione di visitatori, dieci milioni di sterline di ricavi dal merchandising ). Furono in tanti a chiedersi come mai un museo britannico fosse in grado di organizzare una rassegna così ricca e attraente, mentre noi italiani, con Pompei ed Ercolano sul territorio, sembriamo capaci solo di litigare sui fondi, sulle proteste sindacali, sui cancelli chiusi, sull’assenza di infrastrutture, sui frequenti cedimenti strutturali. Inevitabile pensare che la risposta arrivi da questa articolata mostra, dai 17 prestiti di musei francesi (compresi il Louvre, il Musée D’Orsay e il Musée Picasso, nonostante la recente riapertura a ottobre 2014 dopo cinque anni di chiusura), dai cinque britannici (compresi il British Museum e il Victoria and Albert) e dagli altri invii da Germania, Svizzera, Austria, Danimarca e Svezia. 

Sorride, su questo punto, Massimo Osanna: «Non vivrei la nostra proposta con un senso di competizione. Mi sento un cittadino europeo e il successo della mostra del British Museum, che fu frutto di una collaborazione con noi, non mi ha sorpreso. Posso però dire che questa è la prima grande e organica mostra su Pompei da dieci anni a questa parte. E non si tratterà del prevedibile appuntamento sulla vita quotidiana, ma di una riflessione approfondita su come e quanto il mondo emerso dagli scavi abbia influenzato tutta la cultura europea, anche nella nostra contemporaneità. Due esempi tra i tanti, e li racconteremo: Le Corbusier che visita Pompei e poi prende spunto dalle case di quella città per il “suo” modello di abitazioni. O Picasso che scopre Pompei e ne resta rapito, come dimostra Due donne che corrono sulla spiaggia del 1922, prestato dal Musée Picasso». 

Il fascino emanato da Pompei comincia quando l’aristocrazia intellettuale del Settecento apprende, meravigliata e incuriosita, degli scavi e delle scoperte. Nel 1747, parlando di Ercolano appena un anno prima dell’inizio degli scavi pompeiani, l’intellettuale veneto Scipione Maffei, fondatore del museo epigrafico di Verona, scrive: «O qual gran ventura dei giorni nostri è che si discopra non uno o altro antico monumento, ma una città!». 

È esattamente qui il magnetismo emanato da Pompei. Dalla grandiosa monumentalità romana (il Colosseo, i Fori) si passa alla scoperta di una civiltà sepolta dalla lava in un qualsiasi giorno di normale vita. Scrivono in una nota i tre curatori: «Sigillate dalla lava e dai lapilli, le antiche città e la loro ricca messe di reperti e di affreschi, dagli inediti accordi cromatici, accesi e perfettamente conservati, restituivano con immediatezza il mondo che le aveva create. Le case sembravano rianimarsi e raccontare la quotidianità degli uomini che le avevano abitate, i loro miti, i loro eroi, il loro credo. Tutta una vita, brulicante, troncata dall’implacabile falce dell’eruzione e della morte». Ecco perché Pompei è stata così capace di dialogare, da città viva, con il mondo di volta in volta contemporaneo: il Settecento e i Lumi, il Romanticismo dell’Ottocento, la modernità del Novecento. Si diceva dello stupore di Picasso e di Le Corbusier dopo le loro visite. Erano stati preceduti da Chateaubriand che dichiarò l’area degli scavi «il più meraviglioso museo della terra». La fortuna di Pompei nell’immaginario europeo sarà testimoniata, nella mostra, da 250 sculture, dipinti, disegni, stampe, fotografie, oggetti e libri riuniti tutti insieme per la prima volta. 

Probabilmente buona parte della prevedibile fortuna della rassegna riguarderà la riproposizione dei calchi dei corpi degli abitanti della città, genialmente ricavati nel 1860 da Giuseppe Fiorelli dalle orme lasciate nel materiale lavico. Gli straordinari e drammatici pezzi (che ispirarono Arturo Martini: vedremo la sua scultura La sete o Uomo che beve del 1934) verranno esposti nell’Anfiteatro di Pompei dopo il recente restauro curato dalla Soprintendenza. 

Ma Pompei sarà protagonista anche a Milano durante l’Expo. Si stanno definendo i dettagli della mostra Natura, mito e paesaggio dalla Magna Grecia a Pompei che aprirà il 22 luglio a Palazzo Reale per chiudere il 10 gennaio 2016. Spiega Osanna: «Nel contesto proporremo, oltre agli affreschi della Casa del Bracciale d’Oro, alcuni reperti organici: resti di frutta, di uova, di pane carbonizzato, e poi i vasetti dei pittori con i loro pigmenti miracolosamente salvati». Ancora una volta, Pompei contemporanea.

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