Platone l’africano. E australiano, anche
Whitehead disse: «La filosofia è una serie di note vergate in margine a Platone»
Un saggio esamina figure e scuole di pensiero fuori dalla prospettiva europea
E va ben oltre le antiche tradizioni di India e Cina
di Armando Torno (Corriere La Lettura 6/4/14)
La filosofia fu la più bella invenzione dei Greci. Alfred North Whitehead, un pensatore che ha lasciato tracce anche in matematica, asserì che essa è una serie di note vergate in margine a Platone. Non aveva torto. Ma, detto questo, è lecito chiedersi: ci sono filosofie nazionali o sistemi nati oltre l’Occidente che hanno sviluppato qualcosa di simile al miracolo greco? In Africa? Nell’Asia, che ha nel suo seno le sapienze di Cina e India? A questa e a simili domande risponde un libro curato da Virgilio Melchiorre: Filosofie nel mondo (Bompiani). Uno sguardo sulle avventure di pensiero delle «altre» culture che possono dipendere o no dalla nostra. Dalla scuola australiana alle correnti dell’islam contemporaneo, dai sistemi latinoamericani alle istanze ebraiche e giapponesi. Tredici capitoli con dodici profili, giacché il primo, di Ugo Perone, è intitolato Philosophia Occidentalis .
Lo stesso Melchiorre spiega come è stata realizzata l’opera: «Questo volume nasce dall’esigenza di risalire alle fonti delle diverse civiltà. Si è pensato di raccogliere a confronto alcune voci presenti nella recente Enciclopedia filosofica , curata per le edizioni Bompiani dal Centro studi filosofici di Gallarate… Le abbiamo aggiornate, ove occorreva, e le abbiamo integrate con voci nuove». Il libro si riallaccia a una nobile tradizione. Già nel decimo volume della Storia della filosofia diretta da Mario Dal Pra (usciva da Vallardi nell’ottobre 1978; parte che verrà poi ripensata in tre tomi editi da Piccin) vi erano due capitoli di Gianni Paganini dedicati rispettivamente alla filosofia negli «altri Paesi europei» (con Russia sovietica e Jugoslavia) e ai «Paesi minori extraeuropei», tra cui non mancavano il Canada, il continente africano, l’Australia e così di seguito. All’India e alla Cina erano dedicati i primi due volumi della grande opera, che precedevano le trattazioni sulla Grecia.
Filosofie nel mondo , che offre utili bibliografie aggiornate, comincia con un essenziale profilo dell’Occidente: emergono i due pilastri su cui si regge ancora molta parte del nostro pensiero, ovvero Platone e Aristotele. Soprattutto vengono messe in evidenza alcune tematiche che percorrono epoche e correnti, quasi incuranti delle infinite discussioni causate. Tra esse il tempo, presente in Agostino e ancora motivo d’angoscia in pieno Novecento (Heidegger insegna). Si passa poi all’esame delle scuole: la prima è l’australiana, che ha elaborato una significativa filosofia analitica e una discreta logica, tanto che Franca D’Agostini, autrice della parte, parla di uno «stile australiano». Una figura di riferimento, tra le diverse possibili, indicata per la logica è Richard Routley.
Segue la filosofia russa. Sostanzialmente il vero esame è dal XVIII secolo, epoca in cui nell’immenso territorio degli zar ci si rivolse al pensiero europeo, a cominciare da figure quali Aleksandr N. Radišcev, autore del libro Viaggio da Pietroburgo a Mosca (1790) che costò all’autore la condanna a morte da parte di Caterina II. I periodi precedenti invece risentono, o si confondono, con l’eredità di Bisanzio; e l’inventario passa più per la teologia che per le costruzioni logico-concettuali. L’autrice Chiara Cantelli, oltre le correnti e le scuole ottocentesche e sovietiche, oltre slavofili e occidentalisti, evidenzia figure quali Florenskij o Dostoevskij; anzi, quest’ultimo con i suoi romanzi costituirà «un essenziale punto di riferimento nella discussione filosofica del Novecento europeo» e creerà le basi nel contesto russo «per accogliere Nietzsche».
Un breve profilo — i caratteri generali sono esposti da Alberto Ventura e Carmela Baffioni — della filosofia islamica (ricchissima nel Medioevo, giacché ha riportato molto di Aristotele in Occidente e ha avuto sommi maestri come Avicenna e Averroè) lascia spazio a una parte contemporanea, trattata da Massimo Campanini e Stefano Minetti. Figure sorprendenti, anche di femministe: tra esse la conservatrice Zaynab al-Ghazali, la quale «pur rivendicando alle donne il diritto alla rappresentanza e all’attività politica attiva e passiva, ha voluto custodire il ruolo prevalente di moglie e di madre». Della filosofia ebraica la figura centrale resta il medievale rabbino e medico Maimònide; tuttavia una questione posta da Giuseppe Laras, che ha scritto la parte, è quella di interrogarsi sul contributo dei pensatori ebrei a idee e tendenze occidentali. In tal caso protagonisti quali Spinoza o Bergson sono da evidenziare. C’è poi una filosofia ebraica dopo il 1945, in seguito alla Shoah: è un profilo firmato da Massimo Giuliani. Tra le figure portanti della neo-ortodossia contemporanea ricordiamo Joseph B. Soloveitchik.
La filosofia cinese, esplorata da Alfredo Cadonna, non può prescindere da Confucio, il Platone del Celeste Impero. Per giungere nell’ambito contemporaneo si potrebbe segnalare Fang Dongmei, che indica come le tradizionali categorie confuciane siano ancora utilizzate per distinguere il pensiero cinese da quello greco (o europeo). Per l’America Latina, esaminata da Pio Colonnello, va notato il fatto che solo dopo il 1856 è possibile parlare in questi termini: prima non aveva un nome. Tra i numerosi pensatori che si sono distinti in quel continente, vale la pena ricordare il messicano (molto occidentale) Antonio Caso, scomparso nel 1946; né mancano spagnoli rifugiatisi là con l’avvento del franchismo. Eduardo Nicol elaborò una filosofia in contrasto con gli altri esiliati. Per l’Africa — la parte è di Lidia Procesi — è posto in evidenza chi ha dato vita a una filosofia autoctona, come Alexis Kagame, morto nel 1981; c’è stato anche chi ha elaborato una sociologia e una teologia (Il Dio che libera ) come il camerunense Jean-Marc Ela, morto nel 2008.
L’India, di Gianluca Magi, è il ventre di una sapienza superiore: oltre le grandi correnti di induismo, buddhismo, jainismo, si potrebbe giungere al mondo contemporaneo per ricordare Ramana Maharshi, morto nel 1950, pensatore caratterizzato da «una rigorosa forma di astinenza interiore ed esteriore per giungere alla realizzazione della propria identità col divino». Un grande induista del nostro tempo. C’è infine — ne scrive Giuseppe Jiso Forzani — la filosofia del Giappone, che rampolla da una spiritualità arcaica e che ha nel principe Shotoku Taishi (574-622) con la Costituzione di diciassette articoli un riferimento etico ed esistenziale. Del tempo moderno ricordiamo Nishi Amane, che nel 1862 preparò le prime conferenze sul pensiero occidentale; quindi la scuola di Kyoto (di Brian Shudo Schroeder), che trattò il nulla assoluto e la Grande Morte. Il punto di partenza è Nishida Kitaro, lo sviluppo vide Hajime Tanabe e Keiji Nishitani. Ma qui si torna al linguaggio dell’Occidente. Proprio Nishitani intende la Grande Morte come un progettarsi in cui si passa attraverso la nullità e si «rinasce» con il morire. O meglio è «il ritorno del sé a se stesso nel suo modo di essere originario». Heidegger insegna ancora.
L’ ARTISTA, PITTORE&SCULTORE PUBBLICA UN SUO LAVORO DEL 2006:
“HONG KONG (CINA) “ROAD, CHINA SU CARTONCINO
* HONG KONG. OVVERO LA CINA VISTA DAL BUCO DELLA SERRATURA.
“ENNIO FLAIANO”
AUGURI
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