#Platone, il pensiero politico nei saggi di Adriana Cavarero

La raccolta pubblicata da Raffaello Cortina si concentra sui #dialoghi

del pensatore che affrontano il delicato rapporto tra filosofia e polis

di Donatella Di Cesare (Corriere 28/10/18)

Adriana Cavarero, «Platone» (Raffaello Cortina, pagine 199, euro 19)

Nel femminismo italiano non c’è forse libro che ha fatto epoca come Nonostante Platone di Adriana Cavarero. Uscito nel 1990 per Editori Riuniti (quindi pubblicato in inglese dalla prestigiosa Polity Press nel 1995), richiamava l’attenzione sulla parte dimenticata della filosofia, quella femminile, che veniva rivendicata con intelligenza, finezza e decisione già a partire dagli esordi greci. Tra le figure considerate spicca quella di Diotima di Mantinea, la «straniera», a cui nel celebre dialogo Simposio viene attribuita la parte di protagonista. Il che non sorprende: dalla passione per la sapienza alla maieutica, l’arte della levatrice, il femminile permea la filosofia. E in fondo Socrate lo riconosce.

Il capitolo su Diotima di quel fortunato volume viene ora riproposto in una raccolta pubblicata in questi giorni da Raffaello Cortina e intitolata semplicemente Platone (pagine 199, e 19). Si tratta di saggi che coprono un arco di tempo di quarantacinque anni e vanno dal primo testo giovanile Platone e la democrazia, del 1973, all’ultimo che è il testo di una conferenza tenuta a Brighton nel 2017 Per un’archeologia della post-verità. È insomma il libro non scritto di Cavarero su Platone che vede finalmente la luce grazie a Olivia Guaraldo che ha curato la raccolta consentendo così di risalire quasi il percorso filosofico di una delle voci più interessanti della filosofia italiana. Platone nel pro e nel contro. Impossibile articolare il pensiero della differenza sessuale se non partendo dai dialoghi, quei testi classici che nessun filosofo e nessuna filosofa dovrebbero mai aggirare. Si può dire che Platone sia il punto di riferimento costante per Adriana Cavarero che va esemplarmente acquisendo originalità di riflessione in un confronto serrato con il «padre» della filosofia.

Nella raccolta emerge soprattutto la dimensione politica del suo pensiero. Preziosa interlocutrice diventa allora Hannah Arendt che, com’è noto, a sua volta è tornata sempre alle fonti greche. La questione sollevata in alcuni saggi è quella incandescente del rapporto tra filosofia e politica, in particolare nei termini in cui Platone lo delinea nella Repubblica. Quale ruolo spetta nella polis alla filosofia, dopo le innumerevoli sconfitte, la condanna a morte di Socrate, ma anche la tragica avventura di Platone a Siracusa? Se, malgrado tutto, l’una ha bisogno dell’altra, in che modo è possibile recuperare il rapporto tra lo sguardo teoretico dei filosofi e l’agire politico? La pista aperta da Arendt non porta Cavarero verso l’utopia, bensì verso la possibilità di una plurale condivisione della teoria. Se non si può fuggire dalla politica, come ha fatto Platone — è l’accusa di Arendt — non si può neppure fare a meno di quel peculiare «vedere» filosofico.

Si intuisce perché l’interesse di Cavarero, come mostra anche l’ultimo saggio della raccolta, quello sulla post-verità, si concentri sul tema attualissimo della democrazia, sul suo significato, sul suo valore. Impossibile non riprendere da Platone e dalla sua critica a quel regime politico che causa corruzione, manipola l’opinione, provoca demagogia.

Ecco la lezione della filosofia: non dare nulla per scontato. Forse la prossima tappa di Cavarero sarà allora un saggio su questo tema dove ormai all’interno della filosofia si fa sempre più chiaro lo iato tra chi auspica una democratizzazione della democrazia (questa sembra anche la via verso cui s’incammina la filosofa) e chi invece si dispone a una critica più radicale.

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