#Ovidio, il poeta che cantava l’#amore contro il #potere
di Raffaella De Sanctis (Repubblica 28/12/18)
Da domani con “Repubblica” il libro di Nicola Gardini sul grande autore delle “Metamorfosi” e dell’”Ars amatoria”. Che, esaltando l’erotismo e il piacere, pagò con l’esilio la propria spregiudicatezza inventiva
Provate a immaginare Ovidio come un cineasta, un filmaker che mette in scena i nostri desideri e le nostre paure. Libero e gioioso. «Aveva il coraggio di costruire veri e propri teatri dell’inconscio», dice Nicola Gardini. Parlava alle donne di erotismo, esaltava l’adulterio come fonte di piacere, lo divertivano gli spergiuri amorosi, le eterne metamorfosi dell’esistenza, i sentimenti contrastanti.
Il mondo letterario di Ovidio è un pozzo di sorprese meravigliose.
Dopo il grande successo di Viva il latino e in occasione del bimillenario della morte del grande poeta nato a Sulmona nel 43 a.C. e morto in esilio in Romania, a Tomis (odierna Costanza) nel 17 d.C., domani arriva in edicola con Repubblica il libro di Nicola Gardini Con Ovidio.
La felicità di leggere un classico
(9,90 euro più il prezzo del giornale): un viaggio appassionante nell’immaginario e nei luoghi ovidiani.
Gardini, professore di letteratura italiana e comparata all’università di Oxford, nel suo saggio si muove tra Sulmona, Roma e la Romania, attraversando e raccontando le opere e la vita di Ovidio: le poesie d’amore; l’incredibile Ars amatoria, un manuale di seduzione e pragmatica del desiderio che andrebbe tenuto sul comodino; le Eroidi, tra le più belle lettere d’amore di tutti i tempi, scritte da donne abbandonate agli uomini che le hanno condannate a vivere un’esistenza ai margini; e poi le opere dell’esilio, quelle in cui Ovidio racconta la sua vita lontano dai fasti. «Quell’esilio fu uno degli eventi più punitivi dell’impero augusteo – racconta Gardini. – Si eliminava l’uomo famoso, il poeta diventato scomodo, il grande cantore dell’amore, il più immaginifico di tutti».
In realtà, nonostante una condanna morale per l’Ars amatoria, la vera ragione dell’allontanamento di Ovidio non è certa. Lo stesso poeta ha parlato di un error, una disattenzione, un inganno. Ma quale errore aveva mai commesso? Forse aveva visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere, forse era stato testimone di una scena proibita, come successe ad Atteone quando senza premeditazione sorprese Diana al bagno nuda. Gardini crede che il motivo dell’allontanamento sia più profondo: «Ovidio era scomodissimo ideologicamente, incarnava in epoca augustea la voce della dissidenza, diceva cose che il potere non sopportava». Per questo amava tanto il mito di Medea, perché Medea rappresenta la donna che pur sapendo di sbagliare non cede agli ordini paterni e sceglie di seguire l’amore.
Certo, la concezione dell’amore di Ovidio infastidiva, non poteva passare inosservata. Osava troppo, entrava nelle famiglie scombinandole, esaltava il piacere, addirittura l’orgasmo: «Raccontava l’amore libero negli anni della repressione augustea, arrivando a dettare le leggi per praticare l’adulterio. Inoltre era un autentico femminista, perché riconosceva il diritto al piacere anche alle donne», fa notare Gardini.
Questa è Saffo, mentre in sogno immagina i baci di Faone e le carezze reciproche: «Per pudore mi fermo, ma tutto avviene, godo, / e non posso evitare di bagnarmi» (Eroidi). Ma, come spiega Gardini, non era solo la spudoratezza a irritare: «Ad essere sovversivo era il principio stesso delle Metamorfosi, l’idea di una continua trasformazione del cosmo. Quella concezione significava che anche l’impero era destinato a passare».
Ovidio era affascinato dall’eterno gioco delle mutazioni, attraverso i miti antichi raccontava quello che solo i sogni o le fantasie più allucinate possono concepire: ad esempio come un essere umano possa trasformarsi in pianta (Dafne), in roccia (Niobe) o in albero (le Eliadi, sorelle di Fetonte). Ma dietro questo teatro illusionista in fondo diceva una cosa semplice, una cosa che il potere non vorrebbe mai sentire.
Gardini la sintetizza efficacemente così: «Che niente dura, niente è come appare.
Sondava i limiti dell’umano, aveva il coraggio di ribaltare le prospettive. Non è stato solo il poeta giocoso, ma anche il poeta esule, il cittadino romano che si ritrova a vivere ai confini dell’impero». Un’esperienza, spiega Gardini, che lo spingerà a scoprire cosa significhi essere stranieri, prima di tutto a sé stessi: «È il poeta che ha scoperto l’alterità. Dopo aver cantato le bellezze di Sulmona e di Roma, arriverà nelle ultime opere, i Tristia e le Epistole, a scoprire la landa glaciale in cui l’uomo è straniero. Si deve a lui l’invenzione del paesaggio desolato, il primo abbozzo di waste land della letteratura occidentale».
Protagonista quest’anno di una mostra ancora in corso alle Scuderie del Quirinale, Ovidio ha conquistato ammiratori nel corso dei secoli. È tra gli autori antichi il più saccheggiato, il classico dei classici. Il suo segreto? «Non è un poeta per iniziati – dice Gardini -, parla a tutti». E a tutti racconta, molto prima degli incubi di Kafka, che siamo personaggi di una realtà incerta. Ma questo è il bello.