#Ovid, #Shakespeare ‘s favourite #Classical #poet
3 commenti su “#Ovid, #Shakespeare ‘s favourite #Classical #poet”
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Gentile Licia, è veramente indispensabile tornare sempre di più su Ovidio in questo modo. E’ strabiliante vedere come chi capisce veramente la preziosità di Ovidio siano gli scrittori di epoche successive, i registi, le persone “normali” (io ad esempio quest’anno ho tenuto un corso sulle Metamorfosi a una “università” della terza età, e il pubblico ne era entusiasta) , mentre i libri di scuola lo presentano e molti filologi lo studiano in modo inadeguato, quasi esclusivamente tecnico, sottolineandone una presunta “debolezza” nelle strutture narrativa e nella profondità del messaggio profondo. Per fare un esempio banale: molti si sono stracciati le vesti anni fa guardando il film “Troy”, perché “travisava l’Iliade”; pochi sapevano che era quasi pari pari la versione ovidiana delle vicende troiane… (etc.)
Concordo. Come dimenticare, per esempio, la presenza di Ovidio nella Commedia dantesca? A questo proposito, mi fa piacere ricordare il contributo dell’esimio latinista Ettore Paratore (nell'”Enciclopedia dantesca”), che qui riporto:
Ovidio Nasone, Publio. – Il poeta latino (Sulmona 43 a.C. – Tomi sul Mar Nero 17 d.C.) è in If IV 90 collocato nel Limbo accanto a Omero, Orazio, Lucano.
Il primo accenno a O. che troviamo in D. sembra confermare che anche nell’Alighieri il contatto col Sulmonese doveva essere avvenuto nel quadro dell’eccezionale fortuna dei Carmina amatoria. In Vn XXV, nel luogo in cui singolarmente si parla degli stessi cinque poeti classici raggruppati nel canto IV dell’Inferno, riguardo a O. si citano i Remedia amoris: Per Ovidio parla Amore, sì come se fosse persona umana, ne lo principio de lo libro c’ha nome Libro di Remedio d’Amore, quivi: Bella michi, video, bella parantur, ait (§ 9; si cita cioè il secondo verso, il primo pentametro del componimento). Mentre, a tacer di Omero, di Virgilio e Orazio e Lucano si ricordano le opere che rimarranno fondamentali nello sviluppo della personalità di D., l’Eneide, i Sermones (nella specifica predilezione per l’Ars poetica) e la Farsaglia, per O., invece delle Metamorfosi e dei Fasti, resta in primo piano uno dei Carmina amatoria, e sia pure quello che, almeno in apparenza, voleva suonare condanna e rimedio dei trascorsi amorosi celebrati nei componimenti coevi. E che il richiamo all’O. amatorio sia il più consono alla sostanza stessa della poesia dantesca di allora lo dimostra il fatto che, mentre gli esempi degli altri poeti sono citati solo come testimonianza di discorso tra cose animate e inanimate o personificazioni di entità astratte, quello di O. è l’unico in cui parla Amore, sì come se fosse persona umana, né più né meno di quanto avviene nel sonetto precedente della Vita Nuova, di cui il capitolo XXV è il commento: e poi vidi venir da lungi Amore / allegro sì, che appena il conoscia, / dicendo (XXIV 7 3-5). Ai Remedia amoris si riferisce anche Dante da Maiano nel sonetto a D. che si legge nelle Rime (XLVI 5-6): ” D’Ovidio ciò mi son miso a provare / che disse per lo mal d’Amor guarire “. Appartenendo questo sonetto al tempo della Vita Nuova, più significativa, sotto il profilo storico-culturale, è la conferma che esso offre riguardo al modo con cui per ora si profila l’influsso ovidiano sulla cultura dantesca.
Ma quando in VE II VI 7 si formula il canone dei ‛ regulati poetae ‘ nei quali anche i dicitori per rima debbono affisarsi, proprio e solo per O. si proclama la necessità di concentrarsi sulle Metamorfosi, si menziona specificamente il capolavoro, il poema di lungo respiro considerato alla pari con l’Eneide, con la Farsaglia e con la Tebaide: Et fortassis utilissimum foret ad illam [constructionem] habituandam regulatos vidisse poetas, Virgilium videlicet, Ovidium Metamorfoseos, Statium atque Lucanum. Questo luogo registra uno dei mutamenti più significativi che la personalità di D. ha operato riguardo agl’indirizzi culturali della sua età: sul suo valore cfr. E. Paratore, p. 40. Non è più il ” tenerorum lusor amorum ” ad assidersi come modello, ma l’autore di un poema che segue il cammino dell’umanità dalle origini alla provvidenziale costituzione dell’Impero di Roma e obbedisce quindi, sia pure in forma complementare, alla funzione esercitata anche dalla Farsaglia e dalla Tebaide in confronto con l’Eneide, tanto più che, adombrando e dipingendo le infinite vicende di singolari, taumaturgiche trasformazioni, e adottando persino il rincalzo delle dottrine pitagoriche, si addentra nel complesso più geloso con cui si manifesta l’amministrazione provvidenziale dell’universo, palesa, nelle forme allegoriche cui era circoscritta in suo periclo la fantasia pagana, l’azione miracolosa del supremo potere moderatore e arbitro della vita del cosmo. Perciò non si riesce ad associarsi all’affermazione del Mattalia (commento a If IV 90) che ” Le opere di Ovidio a cui Dante attinse in prevalenza sono le Metamorfosi, le Eroidi, gli Amori, l’Arte amatoria “. Proprio il bisogno che D. sentì di specificare Ovidium Metamorfoseos indica un preciso proposito di differenziazione.
le Metamorfosi furono allora, e sono ora, un vero testo rivoluzionario, la cui profondità e struttura profonda non sempre e non del tutto è stata capita…grazie per l’interessante risposta, pb