OPINIONI A CONFRONTO:

Luciano #Canfora, filologo classico e storico

«Steccati caduti ormai da secoli Il #Liceo #Classico non forma di più»

intervista di Alessio Ribaudo (Corriere 30/6/18)

«Umanesimo e scienza sono connessi in modo strettissimo. Non esiste più da secoli uno steccato fra la cultura umanistica e quella scientifica» dice Luciano Canfora, filologo classico e storico.

Per lei quando sono stati abbattuti gli steccati fra cultura umanistica e scientifica?

«Almeno dall’Ottocento quando tutto è cambiato grazie, per esempio, alla diffusione de l’Encyclopédie o all’Illuminismo».

Tornando a oggi, perché si continua a distinguere i due saperi?

«La distinzione è inesistente. Mi spiego: se parliamo di economia, è da classificare come umanistica o scientifica? Chi può sostenere una risposta in un senso o nell’altro? Nessuno, perché l’economia è allo stesso tempo scientifica e umanistica. In generale, è inesistente a tutti i livelli: da quello della vita concreta a quello della formazione scolastica».

Per alcuni in Italia ci sono troppi studenti che scelgono gli studi classici rispetto ai tecnici.

«Se si documentassero bene arriverebbero a conclusioni opposte. Ora siamo nel cuore degli esami di Maturità. Chi sostiene quella Classica è una parte piccolissima del “parco” degli studenti. Questo dato vanifica la teoria iniziale».

Per altri avere una formazione scientifica offre più sbocchi…

«Chi pensa che gli studi umanistici portino solo a scrivere poesie e racconti è fuori strada. I programmi di insegnamento aprono al sapere scientifico universitario. Galileo per esempio era uno scienziato o un letterato? Mi sembra un discorso da treno».

Cosa auspicherebbe per la nostra scuola?

«Una disciplina portante dei Licei è la storia del pensiero filosofico e scientifico. Auspico che venga insegnata in tutti gli altri ordini di scuole. In Cina, uno scrittore riporta che un imperatore, ai tempi di Alessandro Magno, fece distruggere tutti i libri di storia lasciando solo quelli di agricoltura perché pensava che i volumi di storia fossero pericolosi: portavano i lettori a criticare il governo vigente. Non sappiamo se è accaduto davvero, ma un cittadino senza formazione storica è debole. Le dittature esaltano il culto della tecnica e una lettura acritica della storia. Decurtare la formazione scolastica e post scolastica dal versante storico-filosofico significa creare cittadini indifesi e pronti a diventare sudditi».

In ateneo ha mai notato differenze di formazione o di approccio allo studio, a seconda della scuola di provenienza?

«I ragazzi sono molto diversi uno dall’altro ma non per la scuola di provenienza. Rifiuto le generalizzazioni e non penso che il Classico per forza formi meglio di altre scuole».

Cosa dovrebbe leggere oggi uno studente?

«La prefazione al De Rerum Natura di Lucrezio che Hermann Diels ha chiesto al suo collega Albert Einstein e ha pubblicato in Germania. Tratta del rapporto fra l’atomismo antico e le ricerche moderne sull’atomo».

Intervista al Nobel Carlo #Rubbia

«Ero bravissimo nelle materie umanistiche Sono necessarie»

di Giovanni Caprara

«Scienza e cultura umanistica sono due cose diverse ma sono entrambe indispensabili. La cultura è unica e necessaria per crescere bene». Parola del Nobel Carlo Rubbia.

Perché, allora, si tende a distinguere?

«Da noi, a parte i giganti del passato, la scienza è giovane e si può dire iniziata con Enrico Fermi negli anni Venti-Trenta del secolo scorso. Prima di lui c’è un lungo vuoto tanto che per trovare un grande bisogna risalire all’Ottocento, ad Alessandro Volta. Quindi talvolta si tende a far prevalere l’importanza della cultura umanistica che ha radici più diffuse».

Ma lei, a scuola, preferiva la scienza o la letteratura?

«Per me la scienza è sempre stata una passione, sin da piccolo. Però ero bravissimo anche nelle materie letterarie. In molti mi dicevano che dovevo fare l’avvocato. Anche oggi la letteratura è complementare, anzi un elemento essenziale, non possiamo farne a meno. Sappiamo quanto la cultura umanistica italiana sia ricca e di grande aiuto nella scuola».

La cultura scientifica, comunque, è sottovalutata?

«Direi che da noi ha bisogno di crescere. Nonostante il fatto che i ricercatori italiani siano grandemente riconosciuti e apprezzati per i loro meriti nei più grandi laboratori del mondo. Siamo testimoni dei risultati che sanno raggiungere. È tuttavia determinante sostenere gli scienziati italiani ma anche stranieri che operano nei nostri centri».

Perché un giovane dovrebbe preferire la scienza? Magari per sognare il Nobel?

«Il Nobel è un riconoscimento ma non può essere un obiettivo per dedicarsi alla ricerca. Il motivo deve essere l’attrazione a fare qualcosa di nuovo. C’è ancora tanto da scoprire. La cultura scientifica offre grandi opportunità per sviluppare una mentalità adeguata al nostro mondo e capire la realtà in cui viviamo. Ma è altrettanto vero che la cultura umanistica ci apre le porte preziose della conoscenza e dell’evoluzione dell’intelletto».

La scelta può essere difficile, senza una passione travolgente…

«Ognuno deve scegliere la strada che ritiene più adeguata ai propri interessi, alle personali sensibilità culturali. Chi entra nel mondo della scienza ha la facoltà di esplorare cose nuove e immergersi in una dimensione globale. I ricercatori collaborano ormai su una scala mondiale, sia che lavorino in un laboratorio europeo, americano oppure cinese. La scienza, oggi più che mai, è davvero universale sotto ogni aspetto».

Nessuna contrapposizione, dunque, tra scienza e cultura umanistica anche nella formazione dei nostri giovani?

«Sono due aspetti dello spirito umano. In entrambi i casi è necessario incoraggiare i giovani a pensare in maniera originale. Nello stesso tempo, il Paese deve garantire i mezzi adeguati allo sviluppo della cultura in tutti i campi, sia scientifico che umanistico».

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