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«Mille avventure tra i fili della verità e quelli della finzione»
di Gabriele Beccaria (La Stampa TuttoScienze 9/3/16)
Chi dice la verità? O chi mente un po’ meno? I reperti portati alla luce, anno dopo anno, decennio dopo decennio, da un sito all’altro, o i miti del mondo classico e le storie della Bibbia, con le loro folle di personaggi esagerati, umani e divini e a volte ibridamente sospesi tra i due mondi? Qual è la verità sulla fondazione di Roma? E quella sulle origini di Troia? O, ancora, su Gerico?
I nomi iconici delle città che hanno fatto da modello alle altre animeranno la lezione di stasera di Carmine Ampolo, intitolata «Archeologia e storia antica: liasons dangereuses?»: professore di Storia Greca, racconterà, nell’ambito del programma «Immersioni virtuali nella scienza» organizzato dalla Scuola Normale Superiore di Pisa, quanto siano incerti i confini tra vero, verosimile, probabile e invenzione smaccata, quando ci si inoltra nel passato, per esempio in quello greco e romano. Ampolo l’ha sperimentato, guidando una serie di campagne di scavo nell’agorà di Segesta. «Nel V secolo a.C. alimentò la leggenda di sé come piccola Ilio e l’origine troiana si rivelò decisiva nei rapporti con Roma». Che, infatti, le riservò un trattamento privilegiato, viste le comuni radici, per quanto improbabili. Roma – si sa – si considerava una nuova Ilio, in versione «maxi», e la sua nascita non smette di interrogare chiunque provi a svelare il giallo.
«L’esempio del Lapis Niger, il complesso nel Foro portato alla luce nel 1899 da Giacomo Boni, è un esempio perfetto», osserva Ampolo. La «pietra nera» è il luogo dove Romolo fu ucciso e sepolto o l’area dove si trovava il santuario di Vulcano, il dio del fuoco? Il mistero permane, nonostante le recenti indagini con il laser. Così come quello che avvolge Troia. Cosa portò alla luce Heinrich Schliemann? L’autentica cittadella dell’Iliade o il prodotto manipolato di un innamorato dei classici?