Luca Canali tra Lucrezio e il comunismo
di Mario Baudino (La Stampa 10/6/14)
Ha scritto moltissimo, inesauribilmente, dai romanzi alle poesie, dai memoir ai saggi accademici sugli amati latini. Luca Canali, scomparso domenica a Roma, a 88 anni, rappresenta un caso estremo, se non unico, del rapporto tra letteratura e malattia, dove l’una si nutre dell’altra in una corsa a perdifiato verso il feticcio della realtà. Che nel suo caso era dominata dalla sofferenza psichica, continuamente sublimata e sempre provvisoriamente tenuta a bada, costretta a arretrare ma mai sconfitta. Tutte insieme, le sue opere, sembrano raccontare una monumentale biblioteca dell’infelicità. E nello stesso tempo una sfida al caos attraverso la lingua.
Fermamente materialista, comunista espulso dal partito nel ’56 per le sue prese di posizioni eterodosse dopo l’invasione dell’Ungheria, traduttore straordinario dei latini ma anche consulente di Federico Fellini per il Satyricon, era uomo bellissimo e dal fascino irresistibile, che rifluisce nella sua strepitosa Autobiografia di un baro (1983), storia appunto autobiografica di un ragazzo romano bello e talentuoso che a guerra finita, «stanco di sfiducia e malattie e di frequenti postriboli […], sfinito da errori, dolori, amori raminghi, guardinghi impotenti furori», si iscrive al partito comunista e si getta nella politica, cercando disperatamente di dare senso all’esistenza, di tenere lontana la psicosi che lo minaccia e sembra poterlo distruggere.
La sua prosa, e la sua sintassi volutamente inattuale, latineggiante, lo rappresentano in pieno: fra tragedia e virtuosismo. Perché fra tutti questi libri (da La Resistenza impura, 1965, che molto piacque a Montale, a Il sorriso di Giulia, 1979; da Spezzare l’assedio, 1984, al Diario segreto di Giulio Cesare, 1994, per non citarne che alcuni), insegna letteratura latina all’Università di Pisa – fino al 1981 – e come studioso lascia pagine fondamentali su Cesare e Lucrezio. Quest’ultimo divenuto col tempo molto più che un oggetto di studio, forse una sorta di alter ego.