Liceo classico, aiuto pratico per affrontare la complessità
di Paolo Conti (Corriere 11/1/19)
In una contemporaneità dominata dall’usa e getta, da una comunicazione in tempo reale che predilige i rapidissimi slogan e la sintesi dell’inglese, da una insofferenza intellettuale per tutto ciò che richiede tempo e applicazione, il liceo classico (che oggi dalle 18 alle 24 in 433 istituti italiani celebra la quinta edizione della sua «Notte nazionale» con spettacoli, concerti e di-battiti) ha una sua evidente, oggettiva e quindi scandalosa «inutilità pratica». Studiare il greco e il latino, che tecnicamente appartengono alle cosiddette lingue morte, appare qua-si come una retrograda sfida alla globalizzazione dei linguaggi. E chi si iscrive può anche compiacersi di tutto questo, ma sbaglierebbe l’approccio. Non c’è, al contrario, nulla di più contemporaneo e attuale di un allenamento alla complessità, proprio co-me risposta a chi vorrebbe indirizzare le nuove gene-razioni verso una semplificazione destinata a pro-durre incapacità critica, sottraendo ai cittadini del Terzo Millennio i necessari strumenti. Molti giovani, e le loro famiglie, se ne stanno accorgendo: le iscrizioni del piccolo ma tenace drappello dei classicisti sono in crescita, e non si tratta certo di imposizioni dei genitori ma di scelte consapevoli. Si potrebbe giocare sulla retorica, ricordando come molti e decisivi economisti sulla scena mondiale (un nome tra i mille possibili, Mario Draghi, attuale presidente della Banca centrale europea) hanno alle spalle solidissimi studi classici, prima dell’ingresso nelle facoltà specializzate nella loro materia. O che molti manager che si occupano di gestione delle risorse umane sono laureati in filosofia, e quindi maneggiano ovviamente greco e latino. Ma sono punte di diamante. La verità più quotidiana e accessibile, ascoltando ragazze e ragazzi usciti dai licei classi-ci italiani, è la percezione di sentirsi cittadini del mondo proprio per l’universalità della conoscenza acquisita, per l’opportunità di aver scavato nelle radici stesse della civiltà occidentale (e non solo), di aver studiato un passato senza il quale proprio la contemporaneità apparirebbe indecifrabile. Non è questione di aoristo o di consecutio temporum: il punto è quella famosa «ginnastica mentale» che ti abitua ad affrontare gli appuntamenti con la comprensione e l’analisi delle difficoltà della vita. Un’astrazione? Macché: un metodo molto più pratico di quanto non si possa pensare. Da utilizzare ogni giorno per aprirsi le strade verso il futuro.