Le radici mitologiche del #Centauro predatore
di Silvana Mazzocchi (Repubblica 11/9/16)
“La fenomenologia del maschio violento e stupratore, dall’antichità fino ai nostri giorni, nel saggio di Luigi Zoja. Tra storia, letteratura e cronaca nera”
“”La parte buia del maschio, la frenesia predatoria alimentata dall’immagine primordiale del branco al quale tutto è permesso: devastazioni, abusi, stupri, possesso. L’istintualità barbarica che affonda nei secoli e si scatena negli eccessi dell’identità militare, ma che ai nostri giorni sempre più spesso si trasforma in violenza quotidiana. Già in passato Luigi Zoja, psicoanalista junghiano di fama, autore de Il gesto di Ettore, dedicato alla paternità, indaga le radici della regressione maschile, quando salta il nesso tra biologia e cultura e riaffiora l’antico archetipo dell’essere rapace. Centauri, dall’8 settembre in libreria per Bollati Boringhieri, è la versione riscritta e aggiornata di un precedente testo pubblicato da Laterza nel 2010, ampliata e arricchita da nuove riflessioni e dallo sguardo sulla brutalità del presente.
Nel mito greco i centauri, metà animali e metà uomini, rappresentano il branco che identifica l’eros con il possesso orgiastico e con lo stupro. Fin dai tempi del ratto delle Sabine e ancora prima, i guerrieri hanno rapito e schiavizzato sessualmente le donne dei paesi conquistati e, nel corso dei secoli, orde di maschi si sono ritenuti legittimati per i crimini commessi durante e dopo invasioni e conflitti. Lo stesso è avvenuto molto tempo dopo nell’America latina. Così come in un Novecento europeo feroce: la Germania nazista, le razzie sessuali dell’Armata rossa. Fino al XXI secolo, ad esempio con gli stupri di massa consumati nella notte festaiola del Capodanno 2015, a Colonia. Un episodio che mostra in tutta evidenza come, quando si rompono gli argini, sempre riemerge «il centauro che, dalla preistoria della psiche, dorme nel maschio».
Sconvolgente la sottolineatura, tesa ancora a scandagliare quanto avviene nei tempi attuali ritenuti “pacifici”, contenuta nel capitolo dedicato al jackrolling, “terapia” ( corrective rape) messa in atto per “curare” le lesbiche, una feroce pratica contemporanea che coniuga violenza e omofobia con stupri ritualizzati, diffusa nelle città sudafricane, e in uso anche nel Sud dell’India. «Gli archetipi della violenza hanno la capacità di rimanere ibernati nell’inconscio per secoli, ma quando ricompaiono sembrano quelli del mattino precedente », ammonisce Luigi Zoya nella parte inedita dedicata a Pitcairn, luogo del passato. Avvenne verso la fine del Settecento, dopo che un gruppo di marinai del Bounty ammutinò approdando a Thaiti. Solo più di un decennio dopo si scoprì che, assoggettate le donne native, quei fuggitivi si erano insediati a Pitcairn trasformandolo in un “laboratorio” permanente di abusi e di schiavitù sessuale.
Lo stupro dal latino stupor, sbigottimento, toglie la parola, avverte Luigi Zoya , e genera silenzio. Rintracciare le radici violente dell’identità maschile può aiutare le vittime, ma soprattutto gli aggressori. “”