La #villaromana nascosta sulla A1. Impossibile da vedere

È quella dei #Volusii : in un anno solo 432 visitatori

di Alessio Schiesari – il Fatto 1/3/15

Una passerella pedonale che aspetta di essere completata da 15 anni, una splendida villa romana gestita dal Punto Blu dell’autostrada e perfino la chiusura dovuta ai furti di rame. Benvenuti a Villa dei Volusii, a Capena, 40 chilometri a nord di Roma. L’unico modo per accedere a quest’enorme residenza agreste, costruita dalla famiglia senatoriale dei Volusii Saturnini in età repubblicana, è parcheggiare all’autogrill di Feronia Ovest e chiedere informazioni al Punto Blu. Nonostante l’ingresso gratuito, l’ultimo censimento parla di appena 432 visitatori in un anno. Sarà perché non c’è un solo cartello. O perché i cancelli sono aperti solo dal lunedì al venerdì. Anzi, sarebbero aperti, dato che da mesi l’accesso è sbarrato “per i furti di rame avvenuti all’interno”, come spiega l’impiegato del Punto Blu di Autostrade.

Un ponticello pedonale che aspetta da 15 anni

Scoperta nel 1961 durante lo sbancamento dell’Autosole, Villa Volusii sorge su un terreno di Autostrade per l’Italia, ma i suoi resti sono di proprietà statale. Si tratta comunque di una delle residenze più imponenti e meglio conservate dei dintorni di Roma. Fino a una decina di anni fa, gestione e biglietteria erano in mano alla Soprintendenza, che assicurava il collegamento con Lucus Feroniae, un’area archeologica distante duecento metri. I custodi accompagnavano i visitatori tra i prati fino alla Villa, anche nei week-end. Ma, da quando la gestione è esclusiva di Autostrade, il collegamento “via terra” è stato interrotto. Per riunire i due siti è stato progettato un ponticello pedonale: doveva essere pronto per il Giubileo del 2000. Eppure è ancora avvolto nella rete rossa, in attesa di inaugurazione. Sono passati 15 anni, per costruire l’intera A1 che passa a fianco ne sono bastati otto. Nel sito archeologico, sulla strada Tiberina che collega Roma al bosco sacro di Feronia (questa la traduzione di Lucus Feroniae), l’unico elemento d’ordine sono le file di prostitute: africane da una parte, est europee dall’altra. “Mi spiace, ma abbiamo finito la carta”, è la risposta dei custodi a chi cerca un depliant illustrativo. Rovi e sterpaglie fanno da cornice ai resti del foro, della basilica, del piccolo anfiteatro, e del Santuario dedicato a Feronia, la dea etrusca dei raccolti. I percorsi per disabili sono intervallati da ciottolato e sterrato. Manca persino la rampa di accesso: la carrozzina che volesse avventurarsi in questo cross country, dovrebbe iniziare superando un dosso di terra. Non si riesce nemmeno a immaginare la prospera comunità che, nel 211 a. c. Annibale decise di attaccare per saccheggiare il suo ricchissimo tempio.

Manca tutto, tranne i custodi: sono dieci

Oggi a Lucus Feroniae tutto è vuoto, soprattutto il registro dei visitatori: appena 5 negli ultimi sei giorni, nonostante l’ingresso gratuito. Poco più di mille nel 2013, quando nel 2001 si sfioravano i 4 mila (e si pagava). Eppure qualcosa di straordinario da vedere ci sarebbe. In quello che vorrebbe chiamarsi museo – un atrio e una stanza, il resto è in perenne costruzione – è esposto uno splendido monumento funerario decorato con fregi raffiguranti gladiatori in lotta. Si tratta di un pezzo unico, che non sfigurerebbe al Pergamon di Berlino. È stato recuperato dalla Guardia di finanza nel 2007: i trafficanti d’arte l’avevano tagliato in pezzi e sotterrato, in attesa di rivenderlo a qualche ricco collezionista privato. Anche dopo il dissequestro però è rimasto per anni sotto un telo di plastica, fino a che le denunce dei giornalisti Rizzo e Stella hanno convinto la Soprintendenza a trovare un angolo per restituirlo al pubblico. A Feroniae manca tutto, a parte i custodi: sono in dieci, perché fanno anche il turno di notte. Osservandoli vagare tra l’ufficio e l’ingresso sorge un dubbio: che questi scavi servano soltanto a custodire il loro lavoro.

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