La #scuola dove non si danno più i #voti
Andrea Cuomo (Giornale, 20/9/18)
Niente quattro. Niente cinque. Niente sei. Niente sette meno meno. Una scuola in cui il bambino non è un numero. Perché il rischio è che con quel numerino si identifichi e si auto-etichetti. Un quattro in aritmetica diventa un quattro alla propria intelligenza. Quindi niente. Proviamo senza.
Si fa presto a dirlo, più difficile è farlo. Ci stanno provando in una scuola elementare di Pesaro, la Chiara Lubich, nell’ambito di un progetto realizzato con la collaborazione dell’università di Urbino: in due classi, la prima delle sezioni A e B, quarantuno bambini inizieranno il ciclo e non avranno più valutazioni numeriche ai compiti e alle interrogazioni.
Naturalmente è possibile provarci alle elementari, ciclo scolastico per natura meno competitivo e in cui le insufficienze sono rare. Ma questo non inficia l’importanza di una sorta di utopia. L’idea però è forte. Anche se non vuol dire che il rendimento dei piccoli alunni non sarà sottoposto a una valutazione. Ci saranno descrizioni al posto delle valutazioni. Ci saranno i colloqui con i genitori. Ci sarà uno sportello di ascolto settimanale. E alla fine dell’anno ci sarà comunque una pagella a tirare le fila di un anno di lavoro. Ma prima nulla: niente voti durante l’anno, niente pagella alla fine del primo quadrimestre. Un modo per togliere ansia ai bambini che, così piccoli, potrebbero non dare il giusto peso alle valutazioni, innescando un meccanismo di confronto con i «colleghi» e – nel caso di voti non sufficienti o comunque inferiori a quelli degli amici – potrebbero soffrire di un meccanismo di identificazione: se ho preso cinque io «valgo» cinque mentre il mio compagno di banco ha preso sette e quindi «vale» sette. «La scuola – dice al Resto del Carlino Giulio De Vivo, uno dei maestri delle due classi – deve promuovere i talenti non certo tarparne le ali. Con la collaborazione dell’Università di Urbino sperimenteremo una valutazione senza pagella di metà anno che possa ingabbiare l’orizzonte di chi per una ragione o per l’altra non ha trovato il modo per dare il meglio di sé. A volte i bambini si identificano con il brutto voto invece di pensare che si tratti di una prestazione andata male. È quello che con il progetto Essenza scuola vogliamo evitare. Nostro compito è promuovere la motivazione perché il bambino trovi le condizioni per dare il meglio di sé invece di inseguire il bel voto a tutti i costi».
Il progetto, nel quale i maestri della Lubich saranno affiancati dalle pedagogiste Berta Martini, Giovanna Marani e Rossella D’Ugo dell’ateneo urbinate, elenca una serie di aspetti negativi del voto: è uno strumento non obiettivo, un mezzo e non un fine, valuta la prestazione e non l’individuo, è sommario e superficiale, trascura variabili importanti, penalizza i più deboli, stimola una spesso insana competizione, se negativo inibisce l’autostima, è anaffettivo e può essere distorto dal genitore. Alla fine di questo elenco viene da chiedersi: ma come abbiamo potuto sopravvivere tutti quanti noi a decenni di voti?
Il progetto «Essenza scuola» dell’istituto pesarese non si ferma allo sbianchettamento dei voti, sostituiti da narrazioni, ma abbatte altri steccati: diminuisce la distanza tra alunno e insegnante favorendo un contatto diretto ed empatico, stimola la comunicazione orizzontale, il rispecchiamento emotivo (qualsiasi cosa voglia dire), pone al centro l’autorevolezza e non l’autoritarismo. Leggendo gli obiettivi del percorso si nota anche l’intenzione di eliminare la didattica tradizionale basata sull’ammaestramento, sul nozionismo, a favore di una didattica liquida basata sul cooperative learning e sulle cosiddette flipped classroom, nelle quali vengono invertiti i tradizionali momenti dell’insegnamento: la spiegazione viene portata a casa (con i libri ma anche con video e podcast) mentre in classe si svolge il momento dell’approfondimento, ovvero lo studio individuale con l’insegnante nel ruolo di tutor. Inoltre tra insegnanti e alunni viene condiviso in modo quasi contrattuale un sistema di regole e vengono intensificati i cosiddetti compiti di realtà (in cui i bambini devono risolvere un problema pratico piuttosto che uno nozionistico) e le esperienze extrascolastiche.