La prima #scuola che #blocca i #cellulari degli alunni
Beppe Persichella (Corriere, 16/9/18)
Insegnanti e genitori dell’istituto ne sono certi: «Siamo la prima scuola phone-free di Italia». Domani si ritorna sui banchi in diverse regioni d’Italia, ma quest’anno al liceo paritario San Benedetto di Piacenza la novità è importante. Basta smartphone durante le lezioni. Stop a messaggi, social network e Internet mentre l’insegnante sta spiegando. Niente più foto e video che dopo poche ore magari finiscono online. Nell’istituto sono convinti che così facendo gli studenti potranno essere più attenti, «meno dipendenti dalla tecnologia», «meno coinvolti in atti di cyberbullismo» e «meno distratti».
Artefice di tutto è il preside Fabrizio Bertamoni che si è messo alla ricerca fino a quando ha trovato la soluzione a un pensiero su cui si arrovellava da tempo: «Quello per cui “le cose che desideri possedere alla fine ti possiedono”. È ciò che sta accadendo con gli smartphone», sostiene. Da ora in poi spera che non sarà più così per i suoi studenti, almeno per metà della giornata. Per realizzare in concreto questa idea la scuola utilizza Yondr, uno speciale sacchetto prodotto negli Stati Uniti (dove è usato nei teatri, musei e tribunali) capace di schermare totalmente i cellulari. Per il preside è stata una folgorazione e così ha deciso di comprarne uno per ogni alunno, circa un centinaio, costo sui tremila euro a carico dell’istituto. Il meccanismo è piuttosto semplice. All’inizio di ogni lezione l’insegnante consegna a tutti queste speciali custodie, gli studenti ci infilano dentro il cellulare, che a quel punto è totalmente isolato, e poi lo chiudono. Solo gli insegnanti possono sbloccarlo, e lo faranno – così è stato deciso al liceo San Benedetto – alla fine delle lezioni. Anche durante l’intervallo il telefono resterà sigillato. «È un aiuto che diamo ai ragazzi», dice Bertamoni. Nella lettera che ha mandato ai genitori scrive che «seppur consapevoli della grande utilità dei cellulari, crediamo che il loro utilizzo diventi sempre più una fonte di distrazione, di comportamenti asociali e di conflitto sia a scuola che a casa». Insegnanti e preside daranno il buon esempio, anche loro fino al suono della campanella non potranno usare il proprio cellulare. I genitori hanno seguito tutto il progetto del preside e l’hanno condiviso, tanto che alla vigilia non ci sono state proteste o malumori.
«È un’ottima iniziativa – è d’accordo una madre che siede nel consiglio d’istituto del San Benedetto —. Capisco che è difficile staccarsi dai cellulari, ma l’uso che i ragazzi ne fanno è eccessivo». Lo stop non genera nemmeno ansia tra i genitori, che per qualche ora non avranno più il controllo diretto sui figli. «Anzi, a me infastidiva – ammette la mamma – quando mio figlio mi mandava da scuola ogni ora un messaggio per dirmi di andare a prenderlo prima o di arrivare in orario. Se sta sempre sul cellulare, non sta ascoltando la lezione». Al San Benedetto invece da domani saranno tutti più attenti, e chi vorrà distrarsi dovrà farlo come ai tempi prima dell’avvento degli smartphone, quando a un certo punto della giornata, inevitabilmente, i pensieri volavano via altrove.
No ai cellulari a scuola? ma la responsabilità è anche dei genitori
Paolo Di Stefano (Corriere, 17/9/18)
L’iniziativa del liceo paritario San Benedetto di Piacenza, bloccare i cellulari dei ragazzi durante le ore di lezione, è ammirevole anche se in realtà l’uso del telefono mobile a scuola sarebbe vietato da una direttiva ministeriale del 2007: ma in tutta evidenza è una norma che viene normalmente aggirata. Fatto sta che il provvedimento di Piacenza gioverà sicuramente alla concentrazione e alla socialità, sarà una sorta di ecologica disintossicazione dall’abuso domestico. Non che la tecnologia sia il male assoluto, ma favorisce comunque alcune cattive abitudini in crescita non solo a scuola e non solo presso la popolazione giovane. I genitori, dal canto loro, approvano la decisione del preside. Una madre ammette che l’uso dello smartphone da parte dei ragazzi è eccessivo e che, grazie alla risoluzione della scuola, sarà meno perseguitata dal figlio abituato a mandarle messaggi ogni ora per dirle di andare a prenderlo prima o di arrivare in orario. «Se sta sempre sul cellulare — aggiunge — non ascolta la lezione». Nel loro candore, queste frasi rivelano ciò che molti padri e madri riscontrano quotidianamente con pudica autocommiserazione: l’impotenza della famiglia nel trovare un rimedio alla bulimia tecnologica dei figli. Dunque, la altrettanto candida speranza (o pretesa) che sia almeno la scuola a porre un argine o un limite alla dipendenza digitale dei pargoli. Ed è curioso (ma non sorprendente) notare come la famosa alleanza educativa funzioni quando diventa una delega di responsabilità.