La nuova serie dedicata ai fondamenti della #conoscenza
Un sapere che non si piega alle apparenze e mette tutto in discussione
La #filosofia serve ma non è servile Vuole capire e cambiare la realtà
di Mauro Bonazzi (Corriere 26/8/18)
La coraggiosa lezione dei Greci per spazzare via arroganza e pregiudizi
«L’eredità lasciata dalla Grecia alla filosofia occidentale è la filosofia occidentale». Molti anni fa lo storico Moses Finley chiese ad alcuni eminenti colleghi di riflettere su quello che la nostra civiltà ha ereditato dal mondo antico. La lista è lunga: dalla democrazia al teatro, molte delle istituzioni e tradizioni che regolano le nostre vite sono nate proprio in Grecia, qualche millennio fa. Vale anche per la filosofia, naturalmente. Con una particolarità, però, che evidenziava Bernard Williams, uno dei più importanti pensatori di questi ultimi anni, nella frase appena citata. Non si tratta soltanto di ricordare che la filosofia si è formata in Grecia per poi svilupparsi altrove. In filosofia non ha senso parlare di progressi o evoluzioni. L’eredità della filosofia greca è la filosofia, semplicemente: siamo sempre lì. Il problema è capire che cosa sia la filosofia.
Una delle prime occorrenze del termine si trova in uno storico, Erodoto, quando parla di Solone, un poeta, e dei viaggi che aveva compiuto alla scoperta del mondo mediterraneo. Per questo Erodoto lo chiama philosophos. Per Pericle, il grande politico ateniese, philosophoi erano addirittura tutti gli Ateniesi, sempre pronti ad andare a teatro e sempre curiosi di ogni novità. Per Eraclito, invece, era un insulto: philosophoi sono quelli che si perdono dietro al vano desiderio di erudizione e non capiscono le poche cose che contano. È curioso: uno dei primi filosofi rifiuta con sdegno la parola, che invece altri sono ben contenti di usare. Per fare un po’ di ordine, bisognerà aspettare Platone.
Che cosa significa philosophia? La risposta è semplice: un desiderio, un amore (philo-) per il sapere e la conoscenza (sophia). Sembra banale: siamo animali razionali, è evidente che l’uso del cervello, la conoscenza e il sapere, siano importanti per la nostra vita. Diventa meno banale quando ci rendiamo conto che conosciamo molto meno di quello che pensiamo. Philosophia è il desiderio di sapere. Ma il desiderio è sempre di quello che non si ha. E infatti su ciò che davvero conta non sappiamo anzi quasi nulla: chi siamo? Da dove veniamo e dove andiamo? Che cos’è la giustizia: esiste o è una semplice convenzione? E Dio o l’amore?
Non si tratta di problemi astratti o polverosi, come spiega Socrate a Trasimaco. Se non sappiamo cosa è bene e cosa è male, è difficile pensare di poter vivere felicemente. Ancora peggio: se crediamo di sapere e invece non sappiamo, se crediamo che sia bene qualcosa che è male, l’infelicità è assicurata. Non resta dunque che riflettere e ragionare, liberandoci delle convinzioni infondate, cercando ciò che davvero importa. L’ambizione della filosofia è imparare, e insegnare, a pensare bene per vivere bene.
Non è un compito facile e a volte sembra che si giri a vuoto con discussioni inconcludenti. Non stupisce allora che fin dai tempi di Platone l’obiezione sia sempre la stessa: filosofare non serve a nulla. Da un certo punto di vista è così: ed è la grandezza della filosofia. La filosofia non serve a nulla, perché non è un sapere servile, perché non si piega alla realtà, accettandola come viene presentata: la mette in discussione pensando a nuove soluzioni e alternative, ricordandoci che le cose potrebbero andare diversamente da come vanno, e magari pure meglio. Senza però, e questo è il punto più importante, voler imporre nulla a nessuno.
Era la lezione di Socrate, il filosofo per eccellenza per tutti (o quasi: Epicuro lo considerava un insopportabile trombone). Interrogava le persone che incontrava, mettendone alla prova il sapere (spesso più apparente che reale), cercando di liberarle dai pregiudizi. Ma non si pretendeva in possesso di alcuna verità: sapeva di non sapere. Criticava senza offrire risposte definite. Aiutava a mettere a fuoco i problemi e le domande; invitava a pensare, riflettere, ragionare. Ognuno poi, ciascuno singolarmente preso e ogni generazione nel suo insieme, avrebbe dovuto trovare la propria risposta. È la sfida più bella. Sarebbe un peccato non accettarla.
Per farlo bisogna evitare un errore decisivo. Tutti siamo naturalmente filosofi, perché i problemi della filosofia sono i problemi di tutti. Ma dobbiamo anche imparare a filosofare, vale a dire a ragionare, che è meno facile di quanto si creda. Per ragionare bene bisogna prima comprendere di che cosa si discute, quali sono le vere questioni, e come possono essere affrontate. A questo servono manuali, dizionari e storie, quando sono fatti bene. E per questo vale la pena, ancora oggi, di dedicarsi a Eraclito e Parmenide, Platone e Aristotele, Epicuro e gli Stoici, con le loro idee originali, a volte strampalate ma sempre appassionanti.
Tanto, piaccia o non piaccia, della filosofia non si può fare a meno, spiegava Aristotele: «Chi pensa che sia necessaria la filosofia, farà filosofia; e chi pensa che non sia necessaria, dovrà comunque filosofare per dimostrare che non si deve filosofare: dunque si deve filosofare in ogni caso, o andarsene di qui dando l’addio alla vita, perché tutte le altre cose sono solo chiacchiere e vaniloqui». Se lo dice lui…