La #grammatica? È un bel #gioco, ci insegna a vivere ed è anche sexy…

Vittorio Macioce (Il Giornale, 19/1/17)

La grammatica non è solo un vestito elegante. Non è una corazza di regole. Non è neppure qualcosa di cui si può fare a meno, tanto chi se ne frega. La grammatica è vita. È strade. È mappe. È un modo per orientarsi nel mondo, per sapere dove andare, per ritrovarsi, per cercare di uscire da una crisi, per dare un senso agli architravi di una civiltà. La grammatica soprattutto è seduzione. E per capirlo bisogna avventurarsi in un saggio di Massimo Roscia, che è una sorta di dandy sopravvissuto a tutte le ansie della post-modernità e ricorda un po’ i galantuomini di certi circoli anglosassoni con la noia di vivere e la passione per il gioco come fuga da un mondo troppo gretto e arido. Potrebbe essere uno dei personaggi che Johan Huizinga tratteggia in L’autunno del Medioevo, convinto che non ci sia nulla di più bello che trascorrere le ore con i propri amici chiacchierando con gusto nel giardino di casa. Non solo. Il Roscia seduttore ricorda anche il professor Higgins di My Fair Lady, il film ispirato a Pigmalione di George Bernard Shaw. Come il glottologo britannico potrebbe scommettere con il suo amico Pickering di riuscire a trasformare la povera fioraia Eliza Doolittle in una dama di alta classe, entro sei mesi. Ricordate? «In Spagna si è bagnata la campagna», con una Audrey Hepburn, doppiata nella versione italiana da Maria Pia Di Meo, che strascica un cockney ciociaro-pugliese.

Massimo Roscia che scrive Di grammatica non si muore (Sperling&Kupfer, pagg. 238, euro 15,90) mette in mostra lo spettacolo di arte varia di un inguaribile pigmalione. «Cancelliamo dalla memoria i vecchi e aridi manuali traboccanti di obblighi, divieti e prescrizioni spesso incomprensibili e riabilitiamo definitivamente la grammatica che è, senza dubbio, pop, giovane, allegra, multicolore, concreta, seducente, dinamica, vivace, sexy e divertente. In fondo, se ci pensate bene, la grammatica non è che un gioco. Come ogni gioco, ha le sue regole (che, una volta apprese e assimilate, vengono applicate in automatico, senza costringere a particolari sforzi o sofferenze); come ogni gioco, misura l’abilità, stimola l’intelletto, sviluppa le competenze, aiuta a gestire meglio i propri stati emotivi, rende più efficace la comunicazione, rallegra lo spirito, procura piacere e – secondo alcuni – favorisce persino la diuresi».

Roscia ci racconta che il trapassato prossimo e quello remoto o il futuro anteriore non sono rovine di una civiltà perduta ma porte magiche per viaggiare nel tempo e ritornare a casa. Ricorda che il congiuntivo è un vecchio frac che potrebbe tornare di moda. «L’indicativo sta progressivamente occupando gli spazi che dovrebbero essere del congiuntivo. Ciò accade perché l’indicativo è immediato e schematico, richiede scarso impegno, è comodo da indossare come una tuta da ginnastica e facile da montare come una libreria di Ikea». Ci svela il senso del teatro nascosto in un punto e virgola. Ma soprattutto ti dice che parlare bene è la bussola per sopravvivere al non senso della vita. Solo chi sa raccontarsi è certo di esistere. Tutti gli altri sono avatar e spettri di una perifrastica sbagliata.

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