L’ #enigma #semantico della #lingua ritrovata
di Cristiana Barandoni (Corriere 19/3/16)
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L’ etrusco è a oggi una delle lingue morte più difficili da analizzare: dal punto vista morfosintattico è genealogicamente isolata. Ciò non significa che sia una lingua priva di elementi lessicali simili o presenti in altre lingue, ma che la complessità e le vicende dei suoi testi ne rendono ardua l’interpretazione. Uno dei suoi aspetti peculiari è la mancanza di distinzione di genere grammaticale: i lemmi sono distribuiti in classi semantiche «motivate», ossia in nomi animati e inanimati; a questo si aggiunga la brevità dei testi a disposizione, insufficienti per comprenderne la morfologia. Nonostante ciò, possiamo contare più di dodicimila iscrizioni. La stragrande maggioranza dei testi, però, è andata perduta per sempre, poiché come supporto venivano utilizzati non solo materiali deperibili quali papiri, pergamene e tavolette cerate, ma anche il bronzo, spesso rifuso per nuovi scopi. Gli Etruschi ci hanno comunque lasciato documenti di rara bellezza e importanza come il liber linteu, il cosiddetto Manoscritto di Zagabria. Un calendario rituale, il cui testo è il più lungo mai ritrovato, 1350 parole per 400 unità lessicali diverse, e la cui sopravvivenza si deve a un reimpiego: giunto in Egitto non si sa come, venne tagliato in tante strisce orizzontali, destinate al bendaggio di una mummia. I calendari rituali stabilivano in quale giorno, in che occasione e verso chi si dovevano compiere certi riti religiosi. Il testo, sebbene in parte lacunoso, è riconducibile a un periodo tra il III e il II secolo a. C. e venne redatto in una lingua in uso nell’Etruria settentrionale. Ci sono poi testi di carattere sacro, come la lamina di Santa Marinella, la cui iscrizione parrebbe essere il responso di un oracolo. C’è poi un documento giuridico di notevole importanza, la Tabula Cortonensis, una lastra di bronzo sulla quale, tra la fine del III e gli inizi del II secolo a. C., fu inciso un testo di 32 righe relativo alla suddivisione amministrativa di un latifondo.
Cristiana Barandoni, archeologa, ha scritto I misteri dell’archeologia uscito da poco per Newton Compton (pagine 384, € 12)