Intervista a Wylie, l’ex di #CambridgeAnalytica: «Cambiare #password su #Facebook? Come allacciare le cinture se precipiti»

Marta Serafini (Corriere, 30/9/18)

«Dobbiamo smetterla di chiederci cosa possiamo fare noi per proteggerci. Sono le società che traggono grandi profitti dai nostri dati a doversi porre il problema». Ventinove anni, passaporto canadese, Christopher Wylie per tutti è l’analista dai capelli rosa che ha svelato al mondo come si possa manipolare il voto partendo dai nostri profili Facebook. Ed è anche grazie alle sue rivelazioni che re Zuckerberg ha dovuto sedersi sul banco dei testimoni e spiegare cosa è accaduto. Ora, in Italia per il Wired Nextfest di Firenze, Wylie accetta di parlare con il Corriere proprio mentre Facebook è alle prese con una nuova falla a causa della quale sono stati violati 50 milioni di profili.

Facebook sostiene che quest’ultimo «data breach» è stato causato da tre vulnerabilità e ha consigliato agli utenti di cambiare password. È sufficiente?

«Andiamo, sarebbe come chiedere ai passeggeri di un aereo che si sta schiantando di allacciarsi le cinture o dire che il problema sono le cinture di sicurezza. Non serve a nulla. Piuttosto dobbiamo chiederci perché queste società si disinteressino completamente della privacy dei loro utenti, pur traendo profitti enormi dai loro dati tutti i giorni. Anche semplici informazioni come la nostra musica preferita o i programmi tv che guardiamo sono utili a determinare la nostra identità. Una volta ottenute queste informazioni, manipolare la nostra opinione è facile. Ma ai manager non interessa».

Da direttore della ricerca di Cambridge Analytica, ha visto da vicino come sia facile influenzare il pubblico. È successo anche in Italia?

«Storicamente il vostro Paese è stato oggetto di influenze esterne. In particolare durante la Guerra Fredda l’allora Unione Sovietica agiva in Italia per contrastare l’influenza americana. Un tempo si usavano le spie, ora la rete permette di arrivare direttamente agli elettori. In questi ultimi due anni abbiamo visto come le teorie complottiste abbiano preso piede in Italia e abbiamo visto lo stratega populista Steve Bannon interessarsi parecchio al vostro Paese. Addirittura lo ha scelto come base per lanciare il suo “The Movement” in vista delle elezioni europee. Sono tutti segnali che dimostrano come l’Italia sia vulnerabile».

Come si combatte questa manipolazione?

«Dobbiamo cambiare mentalità. E iniziare a pensare che ciò che avviene nel cyber spazio ha degli effetti sul piano reale. Penso ai diritti delle persone, soprattutto. Sperare che la spinta al cambiamento venga da chi è arrivato al potere proprio grazie a questo sistema è illusorio. Sono gli ingegneri stessi che creano i tools a doversi fare avanti e dire “Attenzione, questo non va bene” o “è pericoloso”»

La chiave dunque è nel whistleblowing?

«Sì, perché se vedi qualcosa di illegale o di non etico, denunciarlo è un dovere. Che si tratti di una questione grande o piccola. Certo, posso dire per esperienza come non sia facile. Dubito che mi assumeranno mai a Facebook».

Che piani ha per il futuro?

«Voglio proteggere i whistleblower, non solo voglio che abbiano assistenza legale e supporto economico. Mi piacerebbe vedere un giorno le aziende stesse incentivare questo tipo di pratica. Esattamente come i white hacker vengono pagati per segnalare le falle a livello informatico, sarebbe giusto che le società facessero lo stesso con le falle etiche».

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