Gli otto #miti da sfatare su #scuola e #digitale

di Paolo Di Stefano (Corriere 9/6/15)

Ne parla, intervistato da Vincenzo Viola sull’Indice dei libri del mese, Roberto Casati, direttore di ricerca al Cnrs di Parigi, membro del thinfc tank Compas su nuove tecnologie, cognizione e educazione, oltre che autore di studi interessanti su questi argomenti. Ecco (presi quasi alla lettera) alcuni punti che mettono in discussione luoghi comuni ampiamente diffusi. 1. Tenere il passo con l’evoluzione digitale non è necessario, a volte è controproducente. Non sempre innovare è un progresso: mangiare con i piedi è un’innovazione di cui facciamo volentieri a meno. 2. Misurare il grado di alfabetizzazione sui media è spesso un inganno commerciale: la competenza informatica non è saper usare brand come Google o Facebook. 3. La scuola deve innovare in linea con le novità tecnologiche? Rischia di essere uno slogan per introdurre l’ultima (e già vecchia) generazione di tablet nelle classi. 4. Non è necessario avere studenti sempre collegati al web. n fascino ludico dei gadget è irresistibile e crea distrazione: non si capisce perché l’insegnante debba competere con Justin Bieber. Distribuire pistole cariche agli studenti e poi comprare giubbetti antiproiettile per ridurre gli incidenti è un progetto bizzarro. 5. Inutile che ogni studente disponga di un tablet: meglio un uso circoscritto della tecnologia in luoghi e momenti precisi. Dunque bastano pochi strumenti da utilizzare a rotazione. Con enormi vantaggi economici. Andrebbe piuttosto incoraggiata la biodiversità dell’ecosistema istruzione. 6.1 «nativi digitali» sono un’etichetta di marketing, non una categoria antropologica o psicologica. I bambini non hanno sviluppato nuove forme di intelligenza grazie all’esposizione precoce agli schermi: è la tecnologia che si è trasformata a misura di bambino. Anche gli ultraottantenni se la cavano benissimo con i social network. 7. Le semplificazioni e il design dei nuovi gadget non c’entrano con l’apprendimento. Se il problema è che i nostri figli mangiano troppi dolci, non ha senso chiedere che le mense scolastiche soddisfino l’appetito diffuso di caramelle per i «nativi edulcorati». 8. Accesso all’informazione non è informarsi e informarsi non è conoscere. La cultura non è accesso, ma assimilazione delle conoscenze che si raccolgono. A questo scopo, il libro resta la tecnologia migliore e forse insuperabile. 

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