#Giovani, #maschi, fragili: cercano su #Internet stima e approvazione
Leonardo Berberi (Corriere 17/9/18)
Il gioco dello svenimento, i selfie estremi, le sfide al limite della sopportazione fisica, le corse folli nel cuore della notte in autostrada o in una ferrovia. Ci sarebbe anche altro, ma l’argomento è così delicato che sarebbe meglio fermarsi qui, per evitare l’effetto emulazione che preoccupa molto chi gli adolescenti coinvolti li deve seguire, come il professor Luca Bernardo direttore della Casa pediatrica Fatebenefratelli-Sacco di Milano e responsabile CoNaCy, il Coordinamento nazionale cyberbullismo presso il ministero dell’Istruzione.
Vite digitali«Oggi per buona parte degli adolescenti la vera vita è quella in Rete», sostiene Bernardo. Nel mondo digitale «la sfida li fa sentire dentro una grande famiglia dove ognuno condivide le attività più estreme». Si tratta di soggetti «quasi euforici» e convinti, anche quando compiono gesti pericolosi, di «potersi fermare subito prima di farsi del male. Invece sappiamo che non sempre è così». Guai a considerarli incoscienti. «Lo sanno che quell’azione può essere mortale, ma temono che non eseguendola dimostrerebbero di essere inferiori in un mondo, quello digitale, dove l’obiettivo è diventare leader di Rete».
Il tragittoLe «mode» estreme, secondo il professor Bernardo, partono dagli Stati Uniti e il Nord Europa (Regno Unito, Scandinavia). «Ma se prima ci volevano 3-5 anni per vedere approdare in Italia un fenomeno virale pericoloso, oggi bastano 6-12 mesi, a causa dei social network». C’è poi chi consulta il deep web, la parte sommersa di Internet che non compare sui motori di ricerca. «Abbiamo avuto un ragazzo che leggeva i siti sui serial killer», ricorda Bernardo.
L’identikitOgni anno nella struttura guidata dall’esperto arrivano 1.220 nuovi casi. Sono soprattutto maschi (sei su dieci), del Nord, con un’età che va dai 7 ai 18 anni, ma con un’incidenza maggiore nella fascia 12-16 anni. Fragilità personale, distanza dai genitori favoriscono l’adozione di comportamenti rischiosi. «I teenager finiscono per cercare nel web quell’attestato di stima, quella approvazione che non trovano in famiglia».
«Il 20% ha problemi patologici di relazione, l’80% ha disturbi collegati alla vita digitale». Di questi ultimi «il 30% arriva perché protagonista di una sfida pericolosa». Vivono costantemente collegati al telefonino: «a casa, in classe, mentre fanno qualche attività sportiva, quando la fanno. Sono sempre a chattare, anche alle 3-4 di notte».
Le piattaformePer Bernardo a spingere i ragazzi a compiere gesti sempre più estremi sono i «like», i mi piace. «Sono loro a determinare la popolarità tra i coetanei: più l’azione è pericolosa, più apprezzamenti arrivano», sostiene l’esperto. Su Instagram e sempre più su Telegram, «grazie al meccanismo dei gruppi chiusi». Per i social network e i grandi del web, secondo l’esperto, è tempo di agire: «Dovrebbero istituire un comitato tecnico-scientifico internazionale che monitori le tendenze pericolose in Rete, come facciamo noi, e le blocchi, altrimenti si rendono corresponsabili delle morti».