#Filosofiadellascienza. Un viaggio da forme di vita elementari fino ai #robot
Evoluzione della mente tra andata e ritorno
L’intreccio tra competenza senza conoscenza e la coscienza
di Paolo Legrenzi (Il Sole Domenica 17/6/18)
Frank Plumpton Ramsey, professore a Cambridge, alla fine dei suoi scritti, pubblicati a Londra nel 1931, si scusa. Come parlare ai membri dell’Aristotelian Society da pari a pari? La filosofia è ormai diventata un sapere per specialisti, molto vasto e articolato, come le scienze della natura e la logica matematica.
L’ultimo libro di Daniel Dennett non è un’opera divulgativa. Al contrario è la sintesi di tutto quello che Dennett, dal 1971 all’università di Tufts nei pressi di Boston, ha imparato fin dal 1963, quando era allievo di Gilbert Ryle a Oxford. Egli cerca di superare la difficoltà di Ramsey con un libro profondo e labirintico, come ha osservato Maurizio Ferraris nella postfazione. Lo studio dell’evoluzione delle menti, quelle naturali e da mezzo secolo quelle artificiali, si ricollega a classici problemi filosofici che risalgono a Cartesio e Hume.
Il libro è ricco di digressioni interessanti ma segue un filo conduttore. La percezione del mondo esterno e quanto scopriamo dentro di noi con gli occhi della mente – per usare le parole di Orazio ad Amleto – sono entrambe visioni illusorie, «utili illusioni» nella vita quotidiana e nella psicologia «popolare». Ci servono, esistono e resistono, non ne siamo vittime.
In una famosa pagina del Saggiatore, Galileo osserva che la natura intrinseca delle cose è un fraintendimento: «…avendo già veduto come molte affezzioni, che sono reputate qualità risedenti ne’ soggetti esterni, non ànno veramente altra essistenza che in noi, e fuor di noi non sono altro che nomi». Imboccata questa via, Dennett prosegue con Darwin e con Turing. A loro dobbiamo le più «strane inversioni del ragionamento», per usare la terminologia di Dennett.
La prima «strana»contro-intuitiva e stupefacente insieme – «inversione» consiste nel confutare l’assunto del senso comune che tende a interpretare opere perfette e complesse come il risultato di progetti intenzionali. Questo è vero solo in alcuni casi, come quando Bach crea le sue opere. Perché proprio Bach, e non Shakespeare, Picasso, Jane Austin o altri artisti a metà strada tra caso e intenzione, come Jackson Pollock? Per Dennett l’allitterazione è irresistibile. Anche a lui piace stupire e incuriosire. Sceglie il titolo From Bacteria to Bach and Back perché con sole tre parole sintetizza il lungo libro del 2017: da forme di vita elementari fino ai pinnacoli della creazione intelligente (Bach), per poi tornare indietro (Back). Si torna indietro e si va verso il futuro con la seconda e conclusiva «strana inversione del ragionamento» di Alan Turing. Turing teorizza e costruisce macchine che pensano senza sapere di farlo, prive cioè di coscienza come i batteri.
Turing è così visionario che gli sta succedendo quello che è già capitato all’evoluzionismo. Le idee di Darwin sono così potenti da andare oltre le intenzioni di chi, nel 1859, aveva pubblicato: «L’origine delle specie ad opera della selezione naturale». Con l’azione di due soli meccanismi, variazione casuale e selezione degli adattamenti vantaggiosi, Darwin risolve il problema dei multiformi rami e rametti dell’albero della vita. Dopo di lui i meccanismi evolutivi sono stati estesi agli adattamenti di quanto crea l’uomo, non solo la natura vivente. L’estensione diventa una rivoluzione che penetra nelle nostre vite quotidiane perché gli sviluppi della «strana inversione» di Turing permettono di fabbricare i robot, apparecchiature dotate di muscoli e cervelli artificiali.
Molte forme di evoluzione darwiniana, guidate da variazioni casuali e selezioni, sono operate dai mercati e non dagli ambienti naturali. Si va dai cambiamenti dei gusti e della moda ai prodotti industriali, alle traiettorie tecnologiche, alle innovazioni. Giovanni Dosi, della Scuola Sant’Anna di Pisa, è un pioniere in questo campo di ricerca. Nei recenti lavori sperimentali della sua scuola si mostra che è vantaggioso decidere secondo modelli semplici e rapidi da calcolare (Dosi et al., 2017). Risultati che rendono confinanti gli studi economici con quelli delle scienze cognitive, come Chomsky fece per la competenza linguistica.
A Milano, a metà maggio, alcune aziende hanno presentato a un convegno i loro modi di comunicare in un’epoca dominata dal digitale: conviene piazzare la pubblicità sulla rete, nei luoghi più frequentati ogni giorno, per ore e ore. Banale. Meno ovvio è il quadro teorico utilizzato oggi dalle aziende. Spesso si progettano consapevolmente messaggi facendo leva sull’inconscio cognitivo, cioè sui meccanismi di attenzione, memoria e pensiero che funzionano in assenza di comandi e controlli consapevoli. Alla conferenza i pubblicitari hanno fatto pubblicità a se stessi e non hanno parlato di ciò che la selezione del mercato elimina, l’altra faccia della medaglia. Entrambi i versanti sono studiati dal centro dell’università romana LUISS coordinato da Michele Costabile che ha chiuso i lavori della conferenza. Una rapida selezione negativa è presente anche in natura. Se il mondo cambia troppo svelto, non si fa tempo ad adattarsi.
A metà del secolo scorso, l’austriaco Ernst Dichter, emigrato in America, scrisse manuali di successo rifacendosi all’inconscio freudiano per sedurre i consumatori. Daniel Dennett, in un libro interamente dedicato all’inconscio, non nomina mai Freud. A lui interessa l’intreccio tra la competenza senza conoscenza e la coscienza. Dennett confronta a lungo la costruzione di un termitaio, opera meravigliosa di formiconi istintivi, e la progettazione di Antoni Gaudì della Sagrada Familia, a Barcellona. Talvolta, dietro le apparenze di una creazione intelligente, si mostra la potenza ciclopica e cieca del saper fare senza rendersi conto di saper fare.
Resta una domanda: perché l’evoluzione, nel caso dell’uomo, ha premiato l’emergere della coscienza dal cervello? Quali i vantaggi? Perché non bastano le operazioni automatiche e silenti del cervello? Dennett non affronta il problema (che resta un mistero, commenta Ferraris). In realtà lo abbiamo scoperto da poco, da quando abbiamo perfezionato complicati esperimenti in cui qualcosa di cui non siamo, e mai potremo essere consapevoli, produce effetti misurabili. Semplificando un poco, il cervello ha bisogno della coscienza per controllare e mettere ordine con calma tra automatismi rapidi ed efficienti ma isolati.
Forse Ramsey non aveva tutti i torti. Forse non è facile per un uomo solo padroneggiare scienze sempre più estese e specialistiche. In fondo anche le termiti si mettono insieme per costruire le loro piramidi.
Dai batteri a Bach
Daniel Dennett
Raffaello Cortina Editore, Milano, pagg. 551, €32
Rational Heuristics? Expectations and Behaviors in Evolving Economies with Heterogeneous Interacting Agents
Giovanni Dosi, Mauro Napoletano, Andrea Roventini, Joseph Stiglitz, Tania Treibich
LEM S. Anna, 26 agosto 2017
Lethal trap created by adaptive evolutionary response to an exotic resource
Michael Singer, Camille Parmesan
Nature, maggio 2018, 557, pagg. 238-241