È l’amore di #Elena il grande mito della « Bibbia pagana» di Giorgio Dell’Arti (Libero, 28 /12/16)
Collegare le singole storie della mitologia eroica in un singolo grande racconto». Con questa frase dello storico ungherese Karoly Kerenyi, Giorgio Dell’Arti apre quello che ritiene giustamente il suo Tesoro. Il noto giornalista catanese, classe 1945, geniale esternalizzatore di servizi e rubriche per quotidiani e periodici, uno dei pochi ad approfittare per tempo della crisi dell’editoria, tra i rari amanti dell’artigianalità del mestiere, divoratore di tramezzini fuori orario, abitatore delle piazze intime di Roma, ha passato gran parte del suo ultimo anno tra la Capitale, Firenze,Otranto e Pitigliano per collegare le vicende di Zeus e dei suoi eredi. Ne viene fuori una lettura da comodino in cui ogni sera si trova una parabola come di Bibbia pagana (Edizioni Clichy pp. 475, euro 19). Sforzo ciclopico e idea geniale per chi è curioso della Storia del mondo e del suo racconto originale e onirico. Tanto che viene subito da suggerire come prossima opera l’esegesi dei miti, anche se ci si rende conto di quale impervio compito sia spiegare storie che non avvennero mai, eppure sono sempre. Il rimando è ovviamente alla frase di Salustio che apre Le nozze di Cadmo e Armonia di Roberto Calasso, punto di riferimento della mitografia degli ultimi vent’anni. Questa Bibbia pagana ha in più la forma di romanzo. Se Dell’Arti non supera Calasso nella narrativa lo fa nella struttura. Invece di sviluppare il racconto attraverso tante storie indipendenti una dall’altra e che hanno per protagonisti una volta Zeus, un’altra Afrodite o Perseo, lo scrittore impasta il mito, lo mette in forno e lo apparecchia dall’inizio alla fine. Colpisce il linguaggio semplice come di un pane fatto in casa, volutamente ripetitivo come l’Antico Testamento, asciutto come insegna la storiografia anglosassone, che conclude nominando Elena, sinonimo dello sconvolgente femminino pagano: «Sarebbe stata la donna più bella del mondo, con i capelli d’oro e gli occhi di due colori diversi, uno di color viola e l’altro di color verde, e aveva le ciglia lunghe, e le palpebre mezze basse, sicché non si capiva se quello sguardo fosse timido o lascivo». La sua partenza da Sparta, dove è moglie del re Menelao, per Troia col principe Paride costituisce il prologo dell’Iliade e dunque la madre di tutte le storie.Ma come è potuto accadere? Alla morte del re di Creta, Menelao dovette assentarsi per i funerali. «Paride smaniava ogni notte alla porta di Elena, che stava chiusa a chiave, e teneva fuori della porta un’ancella col compito di placare i desideri del principe Paride. Ma chi avrebbe placato i desideri di Elena regina di Sparta? Una sera, il principe Paride respinse l’ancella e chiese alla madre Afrodite di scatenare i suoi demoni, affinché la porta si aprisse. La porta si aprì, e la regina Elena di Sparta non poté più staccare le labbra dalle labbra del principe Paride».
Francesco Rigatelli