di ritorno da una breve vacanza, ho trovato fra le mail una bella sorpresa: un mio ex alunno appena maturato mi chiedeva , con scelte pertinenti, alcuni chiarimenti su un mio intervento del luglio scorso a MYTHOSLOGOS a Lerici. Ne è nata una risposta piuttosto articolata e quindi, dopo avrgli chiesto il permesso, la posto qui sperando di fare cosa utile:
Caro Pietro, come va? Spero tu abbia passato un’ottima estate e continui a star bene in tutto. Come d’accordo ti rispondo “una per una” alle tue azzeccatissime domande. Spero di riuscire chiaro, se no non ti fare problemi a insistere, perché spiegare bene queste cose serve anche a me come “auto-aggiornamento” e rinforzo delle mie vedute. Prima di rispondere alle domande vere e proprie, bisogna porre un “cappello” in cui io credo fermamente, senza il quale mi rifiuto di parlare con colleghi, studiosi più bravi, gente interessata etc.; che è questo: non bisogna confondere gli ambiti e dare per scontate cose non comprovate: linguistica, archeologia, ipotesi interpretative devono rimanere esplicitamente STACCATE per poi farle collaborare solo alla fine, precisando che cosa è ATTESTATO E DIMOSTRATO e cosa è propria ipotesi personale, se non addirittura ideologia. Voglio dire che se io trovo delle tombe di 4000 anni fa , che fra 4000 e 2000 avanzano da nord est verso sud-centro-ovest; SENZA ATTESTAZIONI LINGUISTICHE NE’ RACCONTI ANTICHISSIMI SU DI ESSE, so SOLO che una comunità progredita si spostò da …etc…; non devo dire che furono “indoeuropei”, tantomeno che parlarono indoeuropeo o ebbero una società “matriarcale”. POSSO dire che , terminati gli studi di vari ambiti, io la penso così (io io, ad esempio, NO); altrimenti sono un cattivo maestro.
Tant’è vero che “indoeuropei” e Kurgani sono parole di epoca nostra moderna, che i Greci o i babilonesi, etc. non hanno mai pronunciato; né ne avevano il concetto.
Con questo, facendo la premessa, ho già risposto alla prima domanda:
“non mi è chiaro se la teoria del ceppo indoeuropeo si basi su fatti “veri” o sia solo un tentativo di raggiungere un punto d’origine immaginario comune a tutte le civiltà esistite ed esistenti, come la “civiltà” Kurgan”
l’ndoeuropeo è DI FATTO una ipotesi. O meglio, è qualcosa di più e di meno al tempo stesso: è la constatazione che certe lingue hanno parole e grammatiche molto simili tra loro (e questa scoperta è molto bella e utile), ma è anche la pura FANTASIA che l’uso di tali lingue corrisponda a POPOLI imparentati tra loro. Le lingue antichissime attestate non erano quello in cui i romantici dell’800 credevano: un saldo e coerente misto di credenze, politica, patria, cultura e lingua: erano TECNICHE studiate da grandissimi tecnici che le donavano a re, a famiglie, a stati, a lavori a consorzi economici, etc., e che queste realtà ADOTTAVANO. In altre parole, come poi è stato per la scrittura, poi per i libri diffusi, poi per i “linguaggi” internet, sono stati strumenti; che poi si sono mescolati a gente concreta e altri strumenti. Non si può capire la mia posizione se non si legge almeno questo, fortunatamente disponibile free su Inet: (puoi cercarlo su Google):
Vicino Oriente antico. L’origine della scrittura e del calcolo
di Denise Schmandt Besserat, Jean-Jacques Glassner, Jöran Friberg, Robert Englund – Storia della Scienza (2001)
ARAMEI
di Giorgio Levi Della Vida – Enciclopedia Italiana Treccani (1929)
CORSO DI EBRAICO BIBLICO
APPUNTI
PER PRINCIPIANTI
BIBLlA,
Associazione laica di cultura biblica (FI);
chi vuole LEGARE A FORZA la constatazione delle SOMIGLIANZE “indoeuropee” a delle REALTA’ storiche “indoeuropee”, sta mentendo da 150 anni. Alcuni in buona fede, altri no.
Andiamo avanti:
la posizione che io reputo sbagliata, di cui abbiamo già parlato, crea una grossa mancanza: tende a non usare confronti con lingue considerate non-indoeuropee. Ora, che questi confronti di parole e strumenti e/o concetti portati avanti da tali parole, tra lingue “indoeuropee” e “non”, siano possibili e a volte indispensabili, è ormai ampiamente dimostrato da studiosi di ben altra levatura del sottoscritto. Ed è brutto che certi studiosi facciano finta di non saperlo e che certi libri di scuola o di divulgazione non lo dicano.
Diverso è il discorso che faceva il mio amico, prof. P.C., a Lerici: ci sono studi di grandi firme come Dumezil o Mircea Eliade etc. che individuano un modo di fare miti, riti, religione, ragionamenti che è tipico di popolazioni mediterranee e europee occidentali e indiane e meno tipico di popolazioni della Mezzaluna Fertile, del mondo ebraico e della penisola arabica. Ma questo non ha a che fare direttamente con la lingua. Basta un piccolissimo esempio: cosa ne sapevi tu prima della quinta liceo della bibbia ebraica, di quella greca etc.? Ma sapevi che la Bibbia è un libro religioso monoteista che poi è adottato dai cristiani. Voglio dire: il modo di rifarsi alla vita dei giudaico-cristiani, diffusissimo dappertutto, per gente non specializzata esiste tramite le traduzioni italiane già pronte, tramite i preti che riassumono il messaggio, etc.. Esso è stato VEICOLATO moltissimi secoli fa prima dall’aramaico ed ebraico antico, e poi dal greco. Il messaggio C’E’, è cristiano, chi vuole ci crede, e vive diversamente da chi è ateo, o agnostico, o buddista, anche se entrambi non ne sanno niente o quasi niente delle lingue di 4000 – 2000 anni fa, che furono LO STRUMENTO PRIMARIO di tali modelli di vita. (Beh ho un po’ tirato via, le cose non stanno ESATTAMENTE così; ma stanno metodologicamente e sostanzialmente così…)
Passiamo alla seconda domanda tua, altrettanto importante e ben posta:
è Logico e possibile porre alla base della comparsa della
civiltà un solo elemento?
Nella ricerca, sia matematico-scientifica che umanistica, non ci sono cose da giudicare subito illogiche e impossibili. Ma bisogna farlo con tolleranza, sensatezza, e poi basandosi su PROVE e sempre pronti a ricredersi e a dialogare.
E’ molto probabile che l’homo sapiens (cioè noi), la cui comparsa è passata dagli studiosi da 30000 anni fa a 350 000 anni fa, e probabilmente va spostata più all’indietro, partendo dall’Africa creasse, oltre a molte altre tecniche, anche un linguaggio originario. Ma non possiamo saperlo né probabilemnte lo sapremo mai. Però questo cosa c’entra col fatto che intorno al 3000(?) 2000 (?) 1400 (?) a.C. una civiltà, INSIEME alla sua lingua abbia pervaso di sé progressivamente ogni territorio dalle steppe dell’Asia all’India e alla Spagna attuali, ma non le parti ebraica e arabe, e inoltre abbia continuato a avere dentro di sé isole “non- indoeuropee” come il Basco o l’Etrusco? E poi l’ungherese? Non è mai successo. Quando i Latini (o meglio: i Romani) o gli Yankee anglo-americani lo hanno fatto, gli è riuscito quando non erano più solo Latini o solo Inglesi. E questo è il punto su cui ho insistito di più a Lerici: ogni linguaggio IL GIORNO DOPO CHE E’ STATO ADOTTATO inizia a cambiare, a adattarsi, a mescolarsi ad altri linguaggi. Come avviene con le generazioni con il DNA. Come avviene con le tecniche di lavoro; con le idee politiche, etc.. Quello che ci deve appassionare e indurre alla ricerca non è il trovare LA GRANDE MADRE ORIGINARIA, ma studiare gli incontri degli uomini, le loro scommesse per andare avanti, i modelli che si sono regalati l’un l’altro o che hanno rubato gli uni agli altri.
Anche qui basta un piccolo esempio: gli Achemenidi (i Persiani da Ciro il Grande in poi) nel sesto secolo conquistano molti spazi e mettono su un impero molto ammirato (anche dagli avversari ellenici) e molto ben organizzato. Nelle prime iscrizioni nel loro territorio usano le lingue semitiche: l’aramaico ed altre diffuse. Perché? perché erano le migliori. Poi però il mondo ellenico nel 400 non è da meno di loro e li batte anche militarmente. Poco prima di allora erano passati in iscrizioni a usare l’antico persiano (che è catalogato giustamente come “indoeuropeo”) e il greco, più moderni e diffusi e pratici. Perché così tardi??? i Popoli del Mare (leggi= i futuri greci) mettono iscrizioni in greco e in grafie proprie fin dal 1450 a Pilo, Cnosso, Micene, Creta. Ma come? la culla dell'”indoeuropeo” (il Caucaso, o “su di lì” o “giù di lì”) parla indoeuropeo e promuove “cartelli” scritti in indoeuropeo nel 500/400, e una non-culla lo faceva a migliaia di km di distanza 1000 anni prima, mentre gli “indoeuropei” “DOC” ancora molti anni dopo adottavano lingue in sé e scritture dei semiti?
Anche qui, l’errore è sempre il solito: si IDENTIFICANO romanticamente LINGUA, SCRITTURA, LETTERATURA, POTERE POLITICO MOMENTANEO, MODI DI VIVERE, quando non c’è nessuna reale prova o esigenza per farlo…
Passiamo all’ultima tua domanda, la più affascinante e quella a cui è più difficile rispondere (a parte una “coda” in cui mi chiedi un consiglio di metodo= quarta domanda):
Per seconda cosa non ho capito quanto incida lo studio della lingua sul
capire la “psicologia” di una civiltà intera, e quindi quanto incida la
sbagliata interpretazione del senso delle parole nello stesso studio;
ti dirò come la penso io: lo studio della lingua IN SE’ per la psicologia della gente e del singolo NON SERVE A NIENTE, sono idee NOSTRE che gettiamo sulle lingue, antiche o attuali. Ad esempio: dire che “papà” assomiglia a “pappa” non serve a niente, se non per far delle battutine maschiliste (…tant’è vero che la prima pappa viene dalla mamma…).dire che ZAR viene di CAE SAR non identifica per niente il potere cesariano con la regalità russa del 1700-1800, ben diversa!. Serve invece moltissimo, moltissimo, quando le lingue sono già formate e attestate, e “fotografate” in momenti precisi !. Serve invece moltissimo, moltissimo, quando le lingue sono già formate e attestate, e “fotografate” in momenti precisi (è quello che i linguisti chiamano SINCRONIA). Ad esempio dire che per i Greci antichi già storici PHRATER non significa “fratello” di famiglia, mentre per i Latini antichi sì, ci offre molti spunti per capire le società originarie di tipo greco e di tipo latino. Ma cosa c’entra tutto questo, molto bello, con l’ipotesi indoeuropea??? Anzi: la cosa si farebbe più ricca se conducessimo questi confronti, come ho tentato di proporre nel mio piccolo, anche con termini e costellazioni di termini “non-indoeuropei”, insomma se studiassimo sistemi linguistici degli UOMINI, non IL sistema linguistico/mentale di un “ceppo” mai dimostrato.
Però l’indoeuropeismo linguistico non va disprezzato: dobbiamo essergli grati: esso ci ha suggerito che circa una ventina di lingue si assomigliano più di altre, e questo dovrebbe spingerci a redarre, anche con lingue “non-indoeuropee”, “cassetti” di semi possibili: i semi del movimento, i semi del mangiare, quelli del fare pace, quelli dell’uccidere, etc…
Con questo, scusa la presunzione, credo di avere risposto in buona parte anche alla tua ultima richiesta di consiglio:
Per terza ed ultima cosa vorrei sapere quale sia il modo più corretto di
studiare l’origine del linguaggio senza avvalersi della teoria del ceppo
indoeuropeo.
Anche qui ti dico la mia opinione: secondo me i centri di ricerca “alti” dovrebbero avere delle equipe di esperti di più lingue, antiche e contemporanee, per studiare non subito “la civiltà dell’uomo”, ma la civiltà linguistica dell’uomo, e aprire su questo dibattiti “a tutto tondo”.
Caro Pietro, ti ringrazio molto della considerazione e della tua passione per gli argomenti. Mi accorgo che ne è nata una risposta molto lunga: ti chiederei quindi il permesso di postarla quasi pari-pari sulle communities “classics” e “La forza del Sapere”, che io pratico su google+.
Attendo la tua risposta. Ottimi auguri per la fine dell’estate e soprattutto per il tuo futuro, immediato e successivo, paoloprof.