da Zanichelli scuola gratuito on line: il discorso di Cesare ne “La congiura di Catilina” di Sallustio
40. Quando la repubblica s’ingrandì e la moltitudine dei cittadini accrebbe la
forza dei partiti, si cominciarono a opprimere gli innocenti e a commettere arbìtri
di tal fatta; allora fu approvata la legge Porcia e con essa altre leggi con cui si concedeva
l’esilio ai rei di pena capitale. 41. Io, o senatori, ritengo che questo motivo
sia di grandissima importanza perché non si approvi l’innovazione che ora si propone.
42. Certamente ebbero più virtù e saggezza coloro che costruirono con
forze modeste un così vasto impero che non noi, che a malapena sappiamo mantenere
ciò che così bene essi hanno creato. 43. Allora si debbono mettere in libertà
costoro e mandarli ad accrescere l’esercito di Catilina? Niente affatto. Ma ecco il
mio parere: si confi schino i loro beni, si tengano i rei in prigione affi dandoli ai municipi
che posseggono i migliori presìdi; per l’avvenire intorno a costoro non si
facciano più proposte in Senato né discorsi al popolo; se qualcuno trasgredisse, il
Senato deve dichiararlo nemico dello Stato e della salvezza pubblica.
(Trad. R. Ciaffi )
GLI ARGOMENTI DI CESARE: RAZIONALITÀ … Cesare fonda
la sua sententia su un concetto di carattere generale:
fi n dall’exordium insiste infatti sulla necessità
di prendere decisioni con la mente sgombra dalle
passioni, quali che siano (par. 1: ab odio, amicitia,
ira atque misericordia vacuos esse decet; si noti la
serie di sostantivi, organizzata in coppie di opposti).
La passione capricciosa e irrazionale è indicata da
lubido (parr. 3-4), che ha la stessa radice del verbo
libet (“piace”) e indica dunque un desiderio estemporaneo
e istintivo, che annulla la razionalità, ossia
l’animus (la contrapposizione è chiara in 3: si lubido
possidet … animus nihil valet). Dalla lubido, secondo
Cesare, si sono lasciati trascinare coloro che si sono
pronunicati prima di lui (par. 9: qui ante me sententias
dixerunt): i loro discorsi, infatti, enumeravano gli
orrori che la congiura avrebbe potuto scatenare (belli
saevitia), mirando evidentemente a sconvolgere
l’uditorio. Cesare ostenta un atteggiamento lucido e
razionale anche nel valutare oggettivamente la pena
di morte che gli avversari propongono per i catilinari:
la morte non è di per sé una punizione crudele, perché
consente di sottrarsi a un vero castigo (par. 20);
qui Cesare ricorre a un concetto di natura fi losofi ca,
condiviso dalla dottrina epicurea: l’idea che nell’aldilà
(ultra) non ci siano né premi né castighi e che tutto
fi nisca con la morte, è espressa anche da Lucrezio
(III, vv. 830 ss.).
… E LEGALITÀ Ma soprattutto, Cesare si mostra estremamente
rispettoso delle tradizioni e delle leggi
su cui Roma ha fondato la sua grandezza e che vietavano
di infl iggere la morte ai cives. Frequente è il
riferimento alle leges (parr. 21; 22; 40): notevole, in
particolare, il richiamo alla lex Porcia, che vietava di
infl iggere punizioni corporali ai cittadini romani e che
era stata voluta da Catone il vecchio, proprio dall’antenato,
quindi, di quel Porcio Catone con cui Cesare
si scontra in questo dibattimento; il riferimento non
sarà privo di ironia.