Com’è sfacciata #Lesbia che risponde per le rime a #Catullo
Dino Baldi, «tuttoLibri», 30 settembre 2017
Recensione a Stefano #Tonietto, #Letteratura #latina #inesistente
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Com’è sfacciata #Lesbia che risponde per le rime a #Catullo
Dino Baldi, «tuttoLibri», 30 settembre 2017
Recensione a Stefano #Tonietto, #Letteratura #latina #inesistente
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Un manuale di letteratura latina “inesistente” tra opere gialle e futuristi di Gallo Marinentius
Tutta la letteratura latina che conosciamo e studiamo a scuola è un falso. Anche quella greca. Tutto tranne forse Omero, Erodoto, Cicerone, Plinio il Vecchio, le Georgiche di Virgilio e le Satire di Orazio. Non solo la letteratura, ma anche la maggior parte delle opere d’arte antiche sono un falso: l’Apollo del Belvedere, il Doriforo di Policleto, la Colonna Traiana: tutto creato ad arte nel XIII secolo da un certo Severo Arconzio, che con quella celebrazione del paganesimo aveva il disegno di cancellare il nome di Cristo dal mondo. Che Stefano Tonietto, autore per Quodlibet di una Letteratura latina inesistente piena di autori e brani mai sentiti, faccia parte di questo stesso empio cenacolo, evidentemente ancora attivo? Non è un caso allora che il libro abbia la struttura del tipico manuale ed esca a settembre, in concomitanza con l’inizio delle scuole (Tonietto, lo si noti, è un insegnante).
Certo, se è così, avrebbe potuto astenersi dal qualificare come «inesistente» il contenuto, svelando fin dal titolo il suo piano di sovvertimento della letteratura latina, da troppi secoli ferma ai soliti nomi e ormai inutile allo scopo di plagiare giovani menti. A meno che non abbia voluto incoraggiare astutamente il ragionamento paradossale: dice che è falso, e dunque deve essere vero (in questi tempi molti ragionano così); mentre se l’avesse chiamata, che ne so, Letteratura latina vera e legittima in moltissimi, e per primi gli studenti, avrebbero intuito la trama occulta e bollato il suo manuale come l’ennesima teratologia letteraria.
Tornando al principio: che sia lecito avere dubbi sull’autenticità del corpus letterario latino e greco è una cosa risaputa. I filologi classici fino a pochi anni fa si scambiavano mesti dubbi nei corridoi dei dipartimenti di antichità, a bassa voce e in prossimità dell’orario di chiusura; ma ora che questi studi si stanno estinguendo, serve ancora tenere il segreto? Anche se la tesi che ho esposto all’inizio a grandi linee (di Jean Hardouin, gesuita francese vissuto alla fine del XVII secolo) non fosse vera nelle minuzie, ci sarebbero molti altri motivi per dubitare che le vestigia letterarie del mondo greco e romano siano reali e non create a tavolino. Qualche decennio dopo Hardouin, ad esempio, il vescovo svedese Carlo Gustavo Nordin sostenne pressappoco la stessa tesi, spostando l’epoca della contraffazione al XIV-XV secolo: gli anni in cui, guarda caso, quasi ogni giorno spuntavano per i tipi del Manuzio nuovi esemplari delle letterature antiche, politi e splendidi come appena fatti (e io personalmente trovo molto verosimile almeno l’ipotesi più nota, che Tacito sia una falsificazione di Poggio Bracciolini: prima di lui era un piccolo nome appena accennato, e dopo diventa Tacito? Non è credibile). Se poi l’idea del complotto scientemente architettato apparisse improbabile, per dubitare della verità degli antichi basterebbe pensare al modo in cui venivano copiati i codici nel Medioevo: un tizio che sapeva a malapena leggere declamava ad alta voce un testo, e dei monaci spesso analfabeti lo trascrivevano su pergamena: una doppia occasione per fare danni. Chissà cosa leggevano e copiavano davvero questi monaci: fantasie assurde, sciocchezze partorite da menti ottuse rese acute dall’isolamento e dal freddo dei conventi. Ad esempio l’Iliade e l’Odissea saranno state in origine lo stesso poema, divaricatosi per le continue trascrizioni, e così tutta la letteratura latina e greca avrà avuto inizio da sei o sette opere, che poi per un fenomeno di diffrazione si moltiplicarono fino a formare l’attuale repertorio.
Mi sono tenuta per ultima l’ipotesi che personalmente prediligo. La letteratura latina sarebbe il frutto delle fantasie di un popolo neppure troppo folto di pastori e contadini vissuti sulle rive del Tevere, che in virtù dell’amenità dei luoghi campavano senza difficoltà e senza pretese. Nell’ozio dei pascoli estivi e delle lunghe sere invernali scrivevano per passare il tempo quello che gli veniva in mente: prima il De agricultura, sull’argomento che conoscevano meglio, poi presero fiducia e continuarono con la poesia, il teatro, la storia, e nel tempo che avanzava mettevano una pietra sopra l’altra, fino a creare Roma con i suoi archi di falsi trionfi, i falsi obelischi e le false iscrizioni. Inventavano guerre interne ed estere, conquiste, vittorie e sconfitte, ma non si mossero mai dai loro pascoli: nessuna guerra punica, nessuna conquista del Mediterraneo, nessun crollo di nessun impero: la storia romana è tutto un sogno di pastori del Lazio antico.
Ecco, anche Stefano Tonietto, che in quanto insegnante di scuola superiore ha, come tutti sanno, vacanze lunghissime e ben poco da fare in classe, ha messo i suoi capricci in questo libretto, dove possiamo leggere, tra le altre cose, le prefigurazioni leopardiane di Aulo Pinna, gli sfacciati carmi della Lesbia di Catullo, una dotta trattazione sulla letteratura poliziesca latina e le imprese dei poeti futuristae guidati dal Gallo Marinentius.