#Cicerone, marito fallito e padre poco fortunato

Silvia Stucchi (Libero, 13/10/18)

Come parlavano, che cosa pensavano e come si comportavano in privato i grandi dell’Antichità? Possiamo solo immaginarlo, oppure, per i primi imperatori, possiamo affidarci alla malevolenza dei raccoglitori di pettegolezzi, come Svetonio, che nelle Vite dei Cesari ci delizia con una serie di aneddoti divertenti e imbarazzanti; più tardi, Procopio di Cesarea, nella Storia segreta, imbrattò per sempre l’immagine di Giustiniano e della moglie Teodora, imperatrice venuta dal bordello. Cicerone, invece, grazie al suo epistolario, costituito da lettere autentiche, pubblicate postume senza la sua revisione, ci è noto non solo nella gloria dell’ufficialità, ma anche nel privato. E Tenebre, di Antonella Prenner (SEM, 350 p., 18 euro), presenta l’Arpinate più intimo, nei mesi dalle Idi di Marzo del 44 a. C., data dell’assassinio di Cesare, sino alla morte a Formia (dicembre del 43): è questo il tempo in cui Cicerone combatte la sua ultima, disperata battaglia, narrato, come un macabro conto alla rovescia (non a caso, i capitoli sono numerati in ordine decrescente dal trentacinque all’uno), da Antonella Prenner, filologa e latinista dell’Università di Napoli Federico II, qui al suo debutto nel romanzo.Ma chi è Cicerone? In sostanza, un marito e un padre fallito, pieno di rimpianti: tutto il romanzo è un impossibile dialogo con Tullia, l’adorata figlia morta di parto a trent’anni nel 45 a.C., nel corso del suo terzo matrimonio, contratto con lo scriteriato Dolabella. Cicerone, che, come spesso accade ai padri, adorava la figlia femmina, fu spezzato dal colpo: nelle lettere descrive Tullia come bella, colta, intelligente, capace di fargli dimenticare le amarezze causate dal fallimento della sua visione politica. All’amico Attico, il 19 marzo 45, subito dopo la morte della figlia, Cicerone confessò d’essere un uomo finito, cui era venuta meno la sola cosa che lo tenesse legato alla vita, ovvero Tullia. Addirittura, arriva a immaginare come sarebbe bello se quel parto assassino non se la fosse portata via, se, per esempio, ella fosse stata una Vestale, una delle sacerdotesse vergini custodi del fuoco sacro di Roma, costretta a restare nubile.

L’ALTRA FACCIA

Come è diverso questo Cicerone da quello immortalato dalla trilogia di R. Harris (2006-2015) articolata in Imperium, Conspirata, Dictator: i volumi illustrano i fallimenti, ma anche i successi del grande oratore, che, alla fine del primo volume, arriva all’ambito consolato. Cicerone, del resto, concluse la sua vita fra mille delusioni, non solo politiche, ma anche personali: alla morte di Tullia si aggiunse il divorzio da Terenzia, donna dal carattere spigoloso, ma ben consapevole del valore del marito, e che ne aveva finanziato la carriera politica con le sue ricche disponibilità economiche: per la cronaca, secondo Plinio il Vecchio, la donna fu tutt’altro che distrutta dalla fine dell’unione e morì, dopo aver avuto altri due mariti, nel 5 d.C., alla bella età di 103 anni; da ultimo, Cicerone, sessantenne, si risposò con la ventenne Publilia, di cui era stato tutore, ma l’unione si sfasciò prestissimo: troppo grande la differenza d’età e di interessi fra i due. E per chi voglia approfondire la conoscenza di Cicerone, imprescindibile è la Siac, Società Internazionale degli Amici di Cicerone, associazione senza fini di lucro presieduta da Philippe Rousselot (Cour des comptes francese) e, per il Consiglio scientifico, da Ermanno Malaspina (Università di Torino): essa, con respiro internazionale, promuove la conoscenza di Cicerone e di tutto ciò che lo riguarda, valendosi del notevole sito www.tulliana.eu, con testi, fonti, link agli articoli dei soci, una Gazzetta con notizie d’ogni tipo (sapevate che dietro l’oratoria di Obama e Trump c’è Cicerone?), e una cronologia curatissima, le Ephemerides. Esse, per ogni anno della vita dell’Arpinate, ricordano i fatti salienti da lui vissuti, gli eventi storici coevi, i testi elaborati; un lavoro immane, che ci rende più vicino quest’uomo geniale e insieme pieno di difetti: un essere in carne e ossa, non un monumento.

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