CATULLO A #TEATRO
#Catullo e i #sovversivi di Tiziano Scarpa
“Il Giornale di Vicenza”, 11 aprile 2013
La cosa più pericolosa dei classici è che si nascondono dietro un’etichetta rassicurante. Sono furbissimi. Quando si sente dire “classico”, si pensa a qualcosa di solenne e innocuo, un vecchio nonnetto ormai disarmato: ma sì, lasciamogli raccontare le mattane che ha fatto da giovane, basta dargli ragione ogni tanto… E invece i classici sono sovversivi, fanno male, ti accusano e ti guariscono.
Mi ricordo l’impressione enorme che mi fece, a scuola, la lettura di Catullo. C’era tutto, lì dentro. La grande politica e i piccoli episodi quotidiani. La disperazione erotica e la tenerezza. I lutti famigliari e i dispetti fra scrittori. La mitologia nei suoi aspetti più feroci. I pochi testi che trovai dentro le antologie scolastiche mi spinsero a leggerlo per intero. Scoprii un libro modernissimo, involontario, raccolto alla rinfusa, senza ordine, arrivato fino a noi attraverso chissà quali avventure che lo avevano preservato in quella forma così sconclusionata e, proprio per questo, così potentemente simile alla vita.
Davvero a scuola mi danno da leggere queste cose terribili e bellissime?, pensai. Davvero i “classici” possono essere così spietati, così amorevoli? Parecchi anni dopo, quando mi è stato proposto di fare un’“intervista impossibile” a un personaggio del passato, mi sono ricordato di quell’esperienza, il mio incontro con Catullo. Una specie di fratello maggiore, senza esagerare. Eh sì, perché io l’avevo letto per la prima volta a sedici anni, mentre lui, per quanto ne sappiamo, probabilmente scrisse le sue cose fra i venti e i trent’anni.
Ma invece di intervistare Catullo ho provato a dialogare con Lesbia. Io credo che Lesbia sia la prima vera femme fatale della letteratura. Catullo ha incontrato una Musa in carne e ossa, ne è rimasto sconvolto e trasformato. Per la prima volta, un uomo ha preso un essere umano a cui noi possiamo attribuire un’identità piuttosto certa, e l’ha reso un mito, un esempio indimenticabile delle mille sfaccettature che possono avere le donne, il male d’amore, l’entusiasmo e il dolore della passione.
Sarà un’emozione intensissima dialogare con Lesbia sul palcoscenico del Teatro Olimpico, il primo nido che la modernità ha costruito per far ricominciare a risuonare la voce devastante dei classici, il loro veleno farmaceutico. Io non sono un attore, sono soltanto un autore che, abbastanza spesso, si ritrova a leggere in pubblico i suoi scritti. Ma questa volta, durante le prove che abbiamo fatto in questi giorni, ho sentito un brivido tagliente ascoltando la Lesbia impersonata da Anna Zago; e i suggerimenti scenici, i piccoli e sapienti tocchi di regia che lei si è inventata per la nostra lettura a due, mi hanno fatto rivivere quel mio primo sbalordimento adolescenziale. Sarà un sogno, un onore indicibile, per me, poter incontrare ancora le parole di Catullo in un luogo strepitoso come il Teatro Olimpico. Spero di riuscire a comunicare almeno un po’ di questa emozione al pubblico che verrà ad ascoltarci.