Cari #prof, attenti alla #salute dei vostri #alunni
di Francesco Dell’Oro (Corriere La Lettura 5/4/15)
Cosa conosciamo della storia e del vissuto dei nostri studenti che incontriamo ogni giorno? Ci preoccupiamo solo se hanno studiato o anche se stanno bene? Mi diceva, un po’ sorpreso, un insegnante: «Per queste cose c’è lo sportello dello psicologo». In una buona scuola, il benessere delle persone che la vivono deve avere un posto di rilievo. In caso contrario, sapere e conoscenze incontreranno solo alcune anime elette. Le più fortunate. Per storia, esperienze e ceto sociale. Un insegnante deve avere la consapevolezza che le ragazze e i ragazzi nelle aule non sono semplici studenti ma bambini e adolescenti che vanno a scuola. Deve coglierne desideri, preoccupazioni, rabbia. Le loro emozioni. In caso contrario, cambi lavoro. Un insegnante ha un’enorme responsabilità. La sua professione non può essere un ripiego. Richiede passione. Vocazione. E pazienza se lo sportello dello psicologo rimane deserto. Anzi, a meno di casi particolari, molto meglio. Povera scuola se si pretende di trasmettere un sapere preconfezionato e predigerito, mortificato in paragrafi e note varie, a ragazze e ragazzi che, con passioni e interessi diversi, vengono coinvolti in un vortice di materie. Tutte, a parere degli insegnanti di riferimento, maledettamente importanti. Alcune proposte della Buona Scuola sono interessanti, ma è presente il rischio di delineare una scuola senz’anima. Senza un respiro pedagogico. Fredda. Un formatore non può delegare ad altri la conoscenza dei propri studenti. Quando le ragazze e i ragazzi delle nuove generazioni si sentono ascoltati, apprezzati e stimati, quasi sempre riescono a sorprenderci.
Concordo! Infatti la testa piena di nozioni non serve a niente se non c’è anche “un’anima” e un benessere psico-sociale! Purtroppo la logica “industriale” del profitto sembra aver invaso ogni angolo della nostra vita. Ormai si ragiona solo in termini di risultati, di voti… e ci si dimentica che innanzitutto la scuola dovrebbe servire a vivere, a capire meglio il mondo e non a fare delle classifiche. La scuola dovrebbe essere un servizio; invece un bambino entra colmo di speranze ed esce colmo di etichette.
Su questo hanno ragione i finlandesi che hanno abolito i voti per gli alunni fino ai 13 anni. Infatti dando importanza al voto, si finisce col focalizzare l’attenzione solo su quello, lasciando in subordine gli argomenti e i contenuti dell’apprendimento. Io proporrei di sostituire le schede di valutazione di fine anno con delle riflessioni e argomentazioni. Di tanti argomenti trattati nel corso dell’anno agli alunni resta un insipido numero; “Com’è andata quest’anno?” “Ho preso 9!” “Ho preso 8!” Cosa vuol dire? Assolutamente niente. Numeri del tutto avulsi dal mondo della conoscenza e da sé stessi. Perché non si chiede invece “Quali argomenti interessanti hai affrontato?” “Cos’hai trovato di importante?” “Cosa ti piacerebbe approfondire?” In questo modo si eviterebbero stupide classificazioni, i ragazzi sarebbero meno in conflitto tra di loro e più motivati a scoprire e approfondire invece il sapere e le proprie capacità.