#Cardini. #Padri della #Chiesa
Contro #Ambrogio, ma non troppo
di Armando Torno (Il Sole Domenica 5/6/16)
Ambrogio, santo, patrono di Milano e dottore della Chiesa, già governatore imperiale, fu uno dei protagonisti del IV secolo della nostra era ma, ancor più, resta un uomo raro in ogni tempo. Agostino subì il suo fascino e dal lui fu battezzato. Franco Cardini, storico e specialista del medioevo, ce ne offre un ritratto agile e ricco di questioni: Contro Ambrogio. In quel “contro” non si deve leggere un attacco ma il vero bilancio della vita di un uomo che non ebbe mai requie e fu inflessibile con tutti (e con se stesso). L’autore nell’epilogo ammette che dopo il presente Contra Ambrosium vorrebbe far seguire un libro dal titolo Pro Ambrosio, che magari preluda «a un più corposo e consistente», forse rasserenante De Ambrosio.
Per ora, comunque, ci fermiamo al contra. Scrive Cardini: «È lecito chiedersi se, astraendo dal modello e dal magistero ambrosiani, la Chiesa sarebbe mai giunta a dover concepire i tribunali inquisitoriali, ad affrontare scismi e riforme, a subire lo “strappo culturale” della Modernità…». Domande che l’autore si pone, dinanzi a questo gigante della storia, «con timore e tremore», ma anche «con molta umiltà» e «un pizzico di autoironia». D’altro canto, la sua grandezza diventerà esemplare e, al tempo stesso, tormentata; aggettivo quest’ultimo che nel caso di Ambrogio va preso alla lettera: dal latino tormentum, derivato di torquere, ovvero “torcere”.
Cardini esamina l’infanzia a Treviri, la giovinezza a Roma, il cursus honorum, l’elezione a vescovo, le controversie di cui fu al centro, le contese, il suo atteggiamento di «accorata ma inflessibile severità» nei confronti di Teodosio per la strage avvenuta a Tessalonica, ma anche l’atteggiamento – direbbe qualche politico – senza “se” e senza “ma” nel combattere eretici, pagani, ebrei. Ricordò con fermezza che lo stesso imperatore era membro della Chiesa, non sopra di essa; né la poteva guidare o controllare. Ambrogio, inoltre, con il suo pensiero ha forse favorito più di tanti altri Padri la concezione egemonica del papato sulla Chiesa. Il suo magistero non fu proposta di convivenza e di comprensione reciproca, al di là degli orizzonti restrittivi della semplice tolleranza, che sarà poi ispirata da Francesco d’Assisi, dalla lezione di Nicola Cusano e di Erasmo da Rotterdam, alle quali – nota Cardini – non è estraneo l’attuale pontefice. Ma qui il discorso diventa infinito. E conviene attendere prima di chiuderlo.
In margine è il caso di aggiungere che Ambrogio non è soltanto un riferimento per la fede cattolica o il creatore dell’innologia liturgica della Chiesa occidentale, ma resta un personaggio colto e sorprendente. I suoi sermoni sono ricchi di citazioni di Virgilio, gli scritti esegetici risentono della lettura di Filone, nelle opere morali segue Cicerone. Inoltre gli studi di Pierre Courcelle (scomparso nel 1980) su Agostino hanno rivelato la sua preparazione filosofica. Due esempi: lunghe citazioni e parafrasi dalle “Enneadi” di Plotino (nel De Isaac e nel De bono mortis), passi di Porfirio nell’Exameron. E non era digiuno di mistica: c’è quella di Origene nel Commento al Cantico dei cantici. Insomma, le sue scelte non furono quelle di un politico, ma le meditò con dottrina. Forse perché la storia, a volte, non ama concedere altro.
Franco Cardini, Contro Ambrogio , Salerno Editrice, Roma, pagg. 136, € 11