Caccia al tesoro per trovare la dimora di Livia

Orari complicati, neppure un cartello a indicare uno dei gioielli del Bimillenario di Augusto

di Francesca Sforza (La Stampa 18/09/14)

L’Antica Roma vince ancora su quella nuova. Questo si pensa durante la presentazione del secondo appuntamento archeologico (su quattro) con cui la capitale ha scelto di festeggiare il Bimillenario della morte di Augusto. 

La scorsa settimana era stata la volta della riapertura della Villa di Livia a Prima Porta, ieri il ripristino del percorso augusteo sul Palatino. Seguiranno le presentazioni di interventi conservativi delle Terme di Diocleziano e della Basilica Iulia. Più di questo, probabilmente, nei due anni che la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici ha avuto a disposizione, non si poteva fare, ed è inutile a questo punto chiedersi come mai non si sia avviato nulla qualche anno prima. 

Pochi stanziamenti e una burocrazia capace di abbattere qualsiasi spirito di rimonta non sono ostacoli facili da aggirare. La Villa di Livia, ad esempio, inaugurata una settimana fa, ha degli orari di apertura concepiti per giocatori di Sudoku (il giovedì e il venerdì dalle 9,30 alle 13,30; il primo, il terzo e l’eventuale quinto sabato del mese dalle 9,30 alle 13,30; la prima, la terza e l’eventuale quinta domenica del mese dalle 9,30 alle 18,30. Dal 1° novembre al 31 marzo la domenica pomeriggio la chiusura avverrà alle 16,30), ed è praticamente irraggiungibile nella misura in cui non esiste un solo cartello che la segnali.

La soprintendente Mariarosaria Barbera spiega che la richiesta di cartellonistica è stata avviata, e che una risposta è attesa nell’arco di dodici mesi. Il consiglio suggerito dal sito ufficiale è di raggiungere il vicino cimitero e – aggiungiamo noi – chiedere ai custodi, unici detentori del segreto dell’ubicazione della villa.

Ieri due turisti americani si aggiravano davanti al cancello, ma al citofono nessuno parlava inglese, e comunque era tutto chiuso. Peccato, perché se ne avessero avuto la possibilità avrebbero perdonato l’ignoranza linguistica, l’assenza di cartelli e la lentezza dei mezzi pubblici che colpisce quella zona più di altre. All’interno si sarebbe dischiuso loro un autentico distillato di antica Roma: il giardino interno dove si dice che un’aquila avrebbe fatto cadere dal cielo una gallina bianca con un ramo di alloro nel becco, che Livia avrebbe custodito, e da dove sarebbe poi nato un boschetto, gli ambienti affrescati e pavimentati a mosaico, un’atmosfera davvero senza uguali. 

La stessa sensazione si prova davanti al restauro – o meglio, alla remise en forme – del Museo Palatino, della Casa di Augusto e della Casa di Livia nella zona dei Fori. «Un’operazione la cui orchestrazione non è stata facile – spiega la soprintendente – ma che alla fine dà la possibilità di accedere a un percorso coerente, spiegato e ben illustrato». Il ripristino del triclinio è di rara bellezza, gli affreschi di paesaggi sacri sullo sfondo del rosso pompeiano lasciano senza fiato. Immaginare che in quegli ambienti la potente Livia conduceva una vita dedita alla cura della casa e alla difesa del suo altrettanto potente marito è un regalo che porta con sé il peso dei due millenni passati. E ripaga di molte amarezze del Bimillenario presente.

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