Biografia di #Ercole, biografia di #Eracle

Eva Cantarella (La Lettura, 9/9/18)

Ercole (Hercules) per i Romani, Eracle (Herakles) per i Greci, è l’eroe più popolare della mitologia classica. Protagonista di un ciclo di racconti che continuò ininterrottamente a evolversi dall’età pre-ellenica sino alla fine dell’antichità, Ercole è l’artefice di un tal numero di imprese (tra le quali le famose «Dodici Fatiche») da indurre già i mitografi antichi a tentare di riordinarle, dividendole in categorie.

Ma prima di entrare nei dettagli di queste gesta, e per meglio capirle, sono indispensabili alcuni cenni alla nascita di Ercole. Figlio, nominalmente, di Anfitrione e di sua moglie Alcmena, Ercole era in realtà figlio di Zeus. Il re degli dèi, infatti (notorio protagonista di gesta amorose che fanno di lui, senza tema di concorrenti, il primo molestatore seriale dell’antichità) ogniqualvolta veniva preso da una delle sue frequenti passioni, si divertiva a soddisfarle ricorrendo a una serie di trucchi. Per fare uno degli esempi più celebri, per sedurre Leda si era trasformato in un bellissimo cigno, e a seguito dell’unione Leda aveva partorito l’uovo dal quale era nata Elena.

Ma per sedurre Alcmena il signore dell’Olimpo fece una scelta più tradizionale: limitandosi ad assumere le sembianze del marito, al momento assente, riuscì a passare con lei una notte che fece durare, si diceva, quanto tre notti di fila. E poiché Anfitrione, al rientro, tornò immediatamente a occupare la parte del talamo che gli spettava di diritto, ne conseguì che Alcmena partorì due figli: uno, Ercole, concepito con Zeus; l’altro, Ificle, figlio di Anfitrione.

Questo l’antefatto che, inevitabilmente, suscitò le ire di Hera, la moglie di Zeus, che per vendicarsi cominciò con l’inviare due enormi serpenti nella culla dei neonati: ma invano. Mentre il piccolo Ificle strillava dal terrore, Ercole, afferrati nelle mani i due animali, li strangolò. E a quella incredibile forza fisica, con gli anni, affiancò il possesso delle qualità morali che fecero di lui l’eroe più amato della Grecia.

Secondo una leggenda riportata da Senofonte nei Memorabilia (2,1, 20-30), infatti, intorno ai diciotto anni egli avrebbe incontrato due donne bellissime, una delle quali gli avrebbe offerto una vita di piacere e indolenza, l’altra un’esistenza dedicata al dovere e al bene dell’umanità: ed Ercole avrebbe scelto la seconda. Ma al di là della leggenda, quel che è certo è che – grazie anche agli insegnamenti impartitigli per volontà di Anfitrione dai migliori educatori mitici – egli si distinse dagli altri eroi al punto di superare, con la forza o l’astuzia, tutte le «Dodici Fatiche» che – si diceva – Hera gli aveva imposto come condizione perché potesse acquistare, una volta defunto, l’immortalità (che poi, in effetti, gli venne riconosciuta). Tali prove comportavano l’uccisione di belve invincibili e di mostri, che il nostro eroe riuscì regolarmente a sconfiggere.

Ma le fatiche di Ercole furono ben più delle celebri dodici. Prima di dedicarsi a queste, tra l’altro, egli aveva già liberato da un leone assassino il Paese governato dal re Tespie, nella cui casa era stato ospitato per i cinquanta giorni necessari a svolgere il suo compito: durante i quali, peraltro, ebbe modo di compiere anche un’altra impresa, meno nota ma per altri versi non meno rimarchevole. Il re Tespie, che aveva cinquanta figlie e avrebbe voluto avere dei nipoti da un uomo di tale valore, ogni sera introduceva una delle ragazze nella sua stanza. Ed Ercole, tra buio e stanchezza, non distinguendo l’una dall’altra, in cinquanta notti regalò a Tespie altrettanti nipoti.

Che altro dire delle sue molteplici qualità? Impossibile citare tutti gli autori che a lui si ispirarono, da Sofocle a Euripide, da Ovidio a Virgilio, da Seneca a Plauto. Ma un’ultima cosa va ricordata: nel primo Umanesimo e nel Rinascimento Ercole assurse a simbolo dell’uomo che con la forza delle proprie virtù riesce a conquistare l’eternità.

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