#Armonia di #scienza e #poesia
Per due volte « #Dererumnatura » sconvolse un’epoca: alla pubblicazione e alla riscoperta nel 1417, influenzando gli scienziati da Newton a Maxwell
(Sole 24 Ore14 Aug 2016)- Alessandro #Schiesaro
Per due volte #Lucrezio ha sconvolto il panorama intellettuale. La pubblicazione del suo poema introduce nella Roma lacerata da quasi cent’anni di lotte civili (siamo a metà del primo secolo avanti Cristo), un messaggio di dirompente novità. La religione tradizionale è una delle cause, anzi la causa prima dell’infelicità umana e delle perversioni che ne derivano: affannarsi a conquistare potere denaro ricchezze altro non è che una risposta irrazionale al timore di dèi onnipotenti e di un aldilà terrificante. Assai diverso sarebbe il destino dell’umanità se si conoscessero a fondo le regole immutabili della natura, le leggi della fisica epicurea che Lucrezio si accinge appunto a spiegare in versi sublimi. Il cosmo è composto di atomi che si aggregano e disgregano in uno spazio e un tempo infiniti; atomi sono i nostri corpi e quella che noi chiamiamo anima, destinata anch’essa a disperdersi nell’attimo stesso in cui sopraggiunge la morte. L’oltretomba è finzione, la realtà solo quella di rapporti umani che andrebbero costruiti seguendo l’esempio del maestro ateniese Epicuro: amicizia, rifiuto delle ricchezze, astensione dalla vita politica se non in casi di eccezionale pericolo per la comunità. Tutto questo proclamato nel cuore dell’unica megalopoli, della capitale di quello che già è un impero nei fatti. Una città in cui la missione e l’esistenza stessa delle classi dominanti sono fondate sulla conquista e radicate nel rispetto minuzioso di una religione intessuta di divieti, paure e prescrizioni.
Non sappiamo abbastanza sull’accoglienza immediata al De rerum natura. Immediata è certamente l’eco nei circoli letterari –la grandezza di questi sei libri in esametri è subito lampante. Cicerone, politico e filosofo che incarna per molti versi l’opposto dell’ideale epicureo-lucreziano, risponde invece con studiato understatement, senza mai ingaggiare una polemica diretta su ampia scala che certificherebbe la potenza del messaggio politico del poema. Lo faranno qualche secolo dopo gli apologeti cristiani, ma i tempi e la storia sono ormai cambiati.
Tocca poi al Poema della natura la sorte di molti classici capitali: se ne perdono le tracce per secoli. A un tratto, però, il poema risorge. Poggio Bracciolini ne scopre una copia in Germania nel 1417
| Una tavola tratta da un’edizione del XVIII secolo del «De Rerum Natura»
(è la storia che Stephen Greenblatt racconta nel suo Il manoscritto. Come la riscoperta di un libro perduto cambiò la storia della cultura europea, si veda la Domenica – Il Sole 24 Ore del 4 dicembre 2011), la invia all’amico Niccolò Niccoli in una Firenze ansiosa di riannodare il legame spezzato con la grande riflessione antica sull’uomo e sull’universo. L’impatto, dopo che la copia di Niccoli è finalmente pronta nel 1437, è fortissimo: poeti, scienziati, artisti, basti citare Marsilio Ficino e Angiolo Poliziano (e per suo tramite il Botticelli della Primavera), sono affascinati da questo unicum della letteratura antica, una straordinaria miscela di dottrina e poesia. Finalmente, nel 1472 o forse l’anno dopo, a Brescia Tommaso Ferrando produce la prima edizione a stampa di Lucrezio, veicolo prezioso di diffusione del testo, presto imitata in Italia e Oltralpe. Rarissima, la si può oggi ammirare nell’anastatica curata da Marco Beretta, grazie alla quale possiamo rivivere l’esperienza di lettura per le prime generazioni di accoliti. Questo tassello si aggiunge ad una mole notevolissima di lavori che negli ultimi anni sono stati dedicati alla ricezione di Lucrezio, due solo
quest’anno: le raccolte di saggi su Lucretius and the Early Modern e, quella, per certi aspetti speculare, curata da Lezra e Blake.
A Beretta di deve anche una monografia d’insieme che colma una lacuna spesso lamentata. Scritto da un filosofo della scienza, il saggio ripercorre gli aspetti e i problemi critici centrali per una lettura critica del poema, ma soprattutto ag-
scelto da: giunge un capitolo importante sull’impatto diretto del De rerum nel dibattito scientifico. In epoche in cui il latino è lingua universale e il discorso intellettuale risulta più fluido, meno diffratto, gli uomini di scienza non si limitano a leggere e studiare il poema, ma intervengono in prima persona per pubblicarlo e diffonderlo. Lo commenta un professore di Medicina della Sapienza, Vincenzo Alsario della Croce, aristotelico sì, ma aperto ad altri influssi, e ancora un medico, il fiorentino Giovanni Nardi, procura nel 1647 un’edizione illustrata. L’interesse in campo medico non stupisce, se si considera la perizia con cui la parte finale del poema analizza cause e sintomi della peste di Atene del V secolo con un linguaggio affine a quello della riflessione moderna sui morbi.
Un punto di svolta in questa ricezione ’scientifica’ di Lucrezio è segnato dall’edizione di Pierre Gassendi, che dopo Epicuro si dedica anche al suo discepolo romano. È con Gassendi, infatti, che il De rerum entra a pieno titolo nel dibattito d’avanguardia sui limiti dell’aristotelismo e sul ruolo dello sperimentalismo nell’elaborazione delle dottrine scientifiche. È un passo non scontato, perché il dialogo con Lucrezio, già bandito dalla chiesa fiorentina nel XVI secolo, si svolge sempre ai margini dell’eresia ateistica. Gassendi la evita presupponendo che gli atomi epicureo-lucreziani siano comunque creazione divina; Newton, che pure studia, ammira ed esplica ampie sezioni dell’opera (e nega la sua intepretazione ateistica), rinuncia però tout court a pubblicare le sue note sul poema. Per contro la messa all’indice nel 1718 non attenua, anzi per certi versi intensifica la presenza di Lucrezio nel panorama illuminista ed enciclopedico. Almeno fino a Maxwell i versi di Lucrezio sono riconosciuti come fonte d’ispirazione debitamente riconosciuta, e ancora nel 1948 il matematico Federigo Enriques pubblica i frammenti di Democrito, il padre dell’atomismo seguito e corretto da Epicuro, mettendone in luce il ruolo pionieristico nello sviluppo del moderno concetto di scienza.
È difficile pensare oggi ad un’interazione così stretta tra campi del sapere distanti tra loro. Eppure (lo dimostra bene la raccolta di Lezra e Blake), la modernità di Lucrezio non cessa di stupire e di attrarre. È ancora un modello essenziale per una impostazione dialogica del rapporto tra le scienze umane e le scienze della natura.
M. Beretta, La rivoluzione culturale di Lucrezio, Carocci, Roma, pagg.302, € 32
Lucrezio, De rerum natura. Editio princeps (1472-73), a cura di M. Beretta, Bononia University Press, Bologna, pagg.272, € 150. Si parla anche di: D. Norbrook, S. Harrison, Ph. Hardie, a cura di, Lucretius and the Early Modern, OUP, Oxford 2016; J. Lezra, L. Blake, a cura di, Lucretius and Modernity: Epicurean Encounters Across Time and Disciplines, Palgrave-Macmillan, New York 2016