Anche #Pericle e #Augusto sotto il fuoco dei pettegoli
di #LucianoCanfora (“Corriere della Sera”, La Lettura, 21/09/14)
Grazie alla prodigiosamente ricca documentazione di cui lo storico Svetonio disponeva finché ebbe accesso agli archivi imperiali, conosciamo una lettera di Antonio ad Ottaviano (non ancora Augusto) piuttosto vivace nel contenuto e ruvidamente soldatesca nello stile: «Che cosa ti è successo? Che cosa ha causato il tuo cambiamento verso di me? Che io mi faccio una regina? Ma è mia moglie. Non ho mica incominciato adesso! Sono ormai nove anni. E tu? Forse che ti fai solo Drusilla? Ti pigli un accidente se non è vero che, quando ti arriverà questa lettera, ti sarai già fatto Tertulla, Terentilla, Rufilla o meglio tutte insieme. Che importa dove e con chi?». Poiché Antonio parla di nove anni ormai con Cleopatra vuol dire che siamo a ridosso dello scontro finale di Azio (31 a.C.). Dopo qualche anno Augusto lancerà la campagna moralizzatrice e restauratrice dei sani costumi, del mos maiorum . Il risultato è descritto così da uno storico servile verso il potere, Velleio: «Terminate le guerre civili, seppellite per sempre quelle esterne, ripristinata la pace, restituita la forza alle leggi, l’autorità ai tribunali, la maestà al Senato […] risorge l’agricoltura, il rispetto per la religione, la tranquillità di tutti, la proprietà salvaguardata, le riforme attuate».
Eppure la realtà era altra: in certe occasioni Augusto si recava in Senato con la corazza sotto la toga e faceva perquisire i senatori prima di farli accedere alla seduta. Da Seneca (nel De clementia ) apprendiamo che congiure, sventate non senza spargimento di sangue, si ripeterono negli anni dell’interminabile governo di Augusto. Una, la più clamorosa, coinvolse Giulia, figlia del princeps e della sua prima moglie Scribonia, da lui ripudiata poco dopo la nascita di Giulia. La tradizione, compattamente, prende per buona la versione ufficiale. Che cioè Giulia fu allontanata ed esiliata, e il suo amante Iullo Antonio ucciso, a causa della sua condotta immorale. «La sua impudenza — scrive Seneca (De beneficiis , libro VI) — aveva superato quanto di più vergognoso è implicito in questo termine», e segnalava la scelta di lei di prostituirsi «qua e là per la città, nel foro e presso i rostri dall’alto dei quali il padre aveva proclamato le leggi sull’adulterio». Eppure, dietro questo terremoto, c’era anche dell’altro: uno storico bene informato come Cassio Dione (libro 55) dice chiaro che Iullo fu ucciso — secondo Tacito fu «suicidato» — perché epicentro di un piano eversivo contro il princeps . Non è privo di importanza che Iullo fosse figlio del triumviro Marco Antonio e Giulia figlia della ripudiata Scribonia, che era la sorella del consuocero di Pompeo. I rampolli di due rami politicamente sconfitti si incontravano.
Sono vicende delle quali non verremo mai del tutto a capo, perché la propaganda del potere è non meno depistante della malignazione permanente della letteratura «del dissenso». Quest’ultimo ha come ragion d’essere il «fare agitazione» e gettare discredito sul potere; e trova sempre e comunque ascolto presso nemici interni ed esterni. Aristofane, nella commedia intitolata Acarnesi , suscitava le risate degli Ateniesi inventandosi una pochade , a base di ratti di prostitute «allevate» da Aspasia, la grande amica di Pericle oltre che dei filosofi e degli artisti. E la additava come responsabile della guerra con Sparta. Aggiornava e «degradava» l’archetipo, cioè la saga troiana: Elena come causa della rovinosa decennale guerra dei Greci contro Troia. Gli Ateniesi ridevano, ma nessuno prendeva sul serio la greve trovata escogitata dall’astro nascente del teatro comico. Mettiamo in fila questi pezzi. Aspasia causa della guerra tra Atene e Sparta, Cleopatra causa della guerra tra Antonio e Ottaviano o — come si disse allora persino da parte di un «uom prudente e saggio» come Orazio — tra l’Impero romano e l’Egitto; e addirittura Giulia come causa della più grave crisi che abbia mai scosso il governo augusteo. Il cerchio si chiude dunque ben prima che i cristiani demonizzassero la donna come strumento del Maligno: precorritori, in questo, dei ben più radicali musulmani, che la ridussero a semplice oggetto velato.