Alla riscoperta delle #catacombe #romane
Franca Giansoldati (Il Messaggero, 2/10/18)
Centinaia di chilometri di labirinti che camminano sotto il suolo di Roma, un reticolato vastissimo e in alcuni punti ancora inesplorato, che si allarga su tre differenti livelli, fino a contenere, in alcuni casi, proprio nel ventre della città, delle vere e proprie basiliche monumentali ipogee, utilizzate nei primi secoli per il culto dei martiri. La fisionomia della Roma cristiana è ben definita e affascinante nel suo percorso storico anche se sconosciuta ai più, nonostante includa quasi 60 differenti catacombe capaci di raccontare attraverso affreschi e graffiti le tappe dello sviluppo religioso sotto l’impero romano.
L’INIZIATIVA
La stragrande maggioranza dei turisti e dei pellegrini è all’oscuro dell’esistenza di un patrimonio culturale talmente ricco e vasto. Il Vaticano ha messo in cantiere un grande progetto per rivitalizzare questi siti, anche i meno conosciuti, e renderli più fruibili per riavvicinare la gente alla dinamica delle prime realtà cristiane. Il Pontificio Consiglio della Cultura ha così istituito per sabato 13 ottobre la prima Giornata delle Catacombe, aprendo gratuitamente, per l’intera giornata, le più spettacolari catacombe, alcune solitamente inaccessibili o interdette, come per esempio quella di Sant’Alessandro, sulla via Nomentana, o quella a San Lorenzo al Verano. «Ci sono ancora percorsi inesplorati perché hanno subito dei crolli nel corso dei secoli. Altre catacombe si trovano sotto edifici pubblici, come per esempio, Sant’Ippolito ubicata sotto la facoltà di economia all’università alla Sapienza», spiega monsignor Pasquale Iacobone, direttore del dipartimento di archeologia sacra e braccio destro del cardinale Gianfranco Ravasi che ha anche aperto un sito dedicato: www.catacombeditalia.it.
LE ESPLORAZIONI
Le prime ricerche sulle catacombe romane risalgono all’Ottocento, quando iniziarono le primissime catalogazioni ed esplorazioni, portando alla luce i tesori contenuti. Affreschi, oggetti devozionali, graffiti, statue, marmi. Gli antichi cimiteri venivano usati dalle prime comunità apostoliche per separare le loro tombe da quelle dei pagani visto che le leggi romane vietavano di seppellire i morti all’interno dell’abitato. Iniziarono così a scavare il tufo per imitare i sepolcri in Terra Santa e il sepolcro di Gesù Cristo, individuando oltre la cerchia delle mura, a ridosso delle vie consolari, i luoghi più idonei. Quasi tutti i sotterranei presentano l’aspetto di una rete di strade sulle cui pareti si aprono file di sepolcri o tombe arcuate, intervallate da piccole stanze o stanze maggiori, a volte anche delle vere e proprie chiese monumentali sotterranee con decorazioni e affreschi colorati.
I NOBILI
Inizialmente la storia delle catacombe romane è legata a quella di nobili personaggi o facoltose famiglie, per esempio Priscilla, che avevano dato il permesso di scavare nelle loro ville o nei loro orti. Si tratta della quotidianità delle prime comunità, delle prime conversioni, dei primi martiri. Già alla fine del II secolo il numero dei cristiani era talmente cresciuto a Roma che in alcuni cimiteri c’era una amministrazione ecclesiale per le sepolture, come attestano diversi documenti. Fino all’imperatore Costantino, che con l’editto riconobbe il cristianesimo, vi furono anche diverse confische che coincisero con ondate persecutorie, soprattutto sotto Diocleziano e Valeriano. Con l’editto i cimiteri dei cristiani divennero definitivamente proprietà della Chiesa e le sepolture poterono avvenire senza restrizioni di sorta. Sulle tombe dei martiri più venerati furono innalzati oratori e basiliche. Solo a partire dal V secolo la pratica delle sepolture nelle catacombe venne via via abbandonata e cessò così l’uso delle escavazioni. A questo periodo appartengono i primi graffiti che lasciarono i devoti che andavano in pellegrinaggio sulle tombe dei martiri, lungo i labirinti sotterranei. Dopo la profanazione da parte di Longobardi e Goti di molte catacombe i papi iniziarono a trasferire le reliquie in superficie e portarle nelle prime basiliche a loro dedicate. Uno dei segnali certi che attestava la presenza di un martire era disegno o una scultura a ridosso della tomba raffigurante un vaso tinto di sangue. Un segno sicuro poiché i primi cristiani conservavano il sangue versato dagli eroi della fede come prova della loro morte gloriosa.
SAN GENNARO
Anche la città di Roma (e non solo Napoli) possiede il suo San Gennaro: si tratta di un martire sepolto in una catacomba lungo l’Appia antica. Naturalmente un martire molto meno famoso del collega partenopeo la cui presenza è attestata nelle catacombe di Pretestato, sulla via Appia, tra le più ricche dal punto di vista epigrafico e iconografico. Lungo i labirinti si possono ammirare pitture del III secolo, affreschi coloratissimi di scene che richiamano episodi del Vangelo. Questa catacomba fu scavata nel secondo secolo ma fu utilizzata come cimitero ipogeo a partire dal III secolo. Successivamente fu ricavato anche un livello più profondo rispetto alla Spelunca Magna, il labirinto più imponente, con altre gallerie e cubicoli affrescati. Venne scoperta per caso verso la metà del 1800. Vi furono sepolti diversi martiri. Urbano, Felicissimo, Agapito, Quirino e, appunto, San Gennaro.