Alias Domenica

Full immersion a #Firenze nell’#arte che enfatizza i #sentimenti

  Paolo Moreno, FIRENZE,   3.5.2015 

 A Firenze la mostra «#Potere e #pathos . Bronzi del mondo ellenistico» . Due archeologi del Getty Museum hanno convocato a Palazzo Strozzi 50 capolavori della statuaria tra IV e I sec. a.C. Importanti i prestiti pubblici e privati

ino al 21 giu­gno è aperta in Firenze a Palazzo Strozzi la mostra Potere e pathos Bronzi del #mondoelle­ni­stico, ecce­zio­nale scelta della pro­du­zione pla­stica dovuta alla fase più lunga e com­plessa dell’avventura dei Greci dal vicino oriente al lon­tano occi­dente: l’Italia meri­dio­nale, la Sici­lia fino alle sponde ibe­ri­che (Empó­rion, oggi Ampu­rias) e alla Costa Azzurra. In ter­mini sto­rici, il periodo elle­ni­stico – così defi­nito dall’aggettivo hel­le­ni­stés, che indi­cava lo stra­niero accul­tu­rato alla lin­gua e al costume dei Greci – tra la morte di Ales­san­dro Magno (323) e l’avvento di Otta­viano (31 a. C.).

 Jens M. Daeh­ner e Ken­neth Lapa­tin, archeo­logi del Getty Museum di Malibu (Cali­for­nia), hanno pen­sato con grande impe­gno mostra e cata­logo (Giunti, pp. 367, euro 42). Essen­ziale in Firenze l’apporto di Andrea Pes­sina, Soprin­ten­dente per i Beni archeo­lo­gici della Toscana, e di Mario Iozzo, del Museo Archeo­lo­gico Nazio­nale di Firenze, dove ha luogo in con­tem­po­ra­nea l’esposizione Pic­coli, grandi bronzi, con alle­sti­mento e cata­logo coe­renti alla pre­sen­ta­zione dei Bronzi del mondo elle­ni­stico. Diret­trice scien­ti­fica della Fon­da­zione Palazzo Strozzi è la sto­rica dell’arte Ludo­vica Sebre­gondi, spe­cia­li­sta del rina­sci­mento, che ha tra­smesso dall’antico il testi­mone alle dida­sca­lie per i visi­ta­tori attra­verso le sale, con­fer­mando la peri­zia eser­ci­tata presso altre mani­fe­sta­zioni nel mobi­li­tare risorse infor­ma­ti­che, quali le tou­ch­ta­ble che illu­strano la por­ten­tosa Testa di cavallo Medici Ric­cardi (n. 3) o l’avventura subac­quea di alcuni reperti. Le si devono infine il Pas­sa­porto e la Mappa per l’archeologia in Toscana, che incon­trano cre­scente suc­cesso non solo nel pub­blico sco­la­stico, al quale s’indirizza comun­que il Dipar­ti­mento edu­ca­tivo dello stesso Palazzo Strozzi. Un’Italia che fun­ziona, nel cuore di una regione fer­vida di respon­sa­bi­lità civile.

 Rispetto al mani­fe­sto elle­ni­stico, la ras­se­gna fio­ren­tina incor­pora anche momenti di mag­giore anti­chità, dai quali può rico­min­ciare una sele­zione per­so­nale di magni­fici esem­plari, da parte di chi abbia già per­corso le nobili sale, attento alla distri­bu­zione per cate­go­rie pro­po­sta dai cura­tori ame­ri­cani: ritratti del potere; corpi ideali, corpi estremi; rea­li­smo ed espres­si­vità; repli­che e mimesi; divi­nità; stili del pas­sato.

 A voler pri­vi­le­giare il senso della pro­gres­sione sto­rica, fami­liare nella tra­di­zione euro­pea quale motivo d’ordine nei feno­meni, si può ripar­tire dal raro epi­so­dio dei tre bronzi uguali (n. 40, a Vienna da Efeso; n. 41, a Lus­sino dal mare dell’isola croata; n. 42, a Fort Knox, Texas, la sola testa, dalla col­le­zione Nani di Vene­zia) rica­vati a stampo dal mede­simo modello dell’Atleta che ripu­li­sce lo strì­gile dopo averlo usato per deter­gersi: l’originale risa­liva a un bron­zi­sta della discen­denza di Poli­cleto, intorno al 360. Lisi­strato, fra­tello di Lisippo, dif­fon­deva la ripro­du­zione con forme in gesso, prese anche dal vivo, in un ane­lito veri­stico rile­vato da Pli­nio. I mul­ti­pli offerti in Palazzo Strozzi ne sono testi­mo­nianza tec­nica, men­tre il cosid­detto Pugile delle Terme, del Museo Nazio­nale Romano, è un pro­to­tipo dove la pas­sione del vero giunge a rap­pre­sen­tare i traumi del volto. È que­sto l’ultimo dei con­vi­tati di bronzo che giunge solo ora a Firenze, dopo essere stato ospite al Metro­po­li­tan Museum di New York. In realtà l’atleta porta i guan­toni che lasciano libere le dita per le prese di lotta, rin­for­zati dalle strin­ghe, himán­tes, di cui scri­veva Pla­tone nelle Leggi, intorno al 350 a. C., pro­prio per distin­guere l’attributo del pan­cra­zia­ste (lotta e pugi­lato insieme) dai pesi di cui erano dotati i pugili. Si ripete una data­zione al tardo elle­ni­smo, men­tre è docu­men­tata l’identificazione con Poli­da­mante di Sco­tussa, pan­cra­zia­ste cele­brato nel 338 con l’immagine postuma pla­smata da Lisippo, di cui si con­serva anche la pre­della a rilievo sulla base in Olim­pia, con la super­fi­cie di appog­gio di un metro qua­drato, atta ad acco­gliere il vin­ci­tore seduto.

 Di Lisippo con­tem­pliamo ancora la sta­tuetta di Era­cle in riposo (338–336), tro­vata nel san­tua­rio di Sul­mona, dove era stata dedi­cata come pre­zioso oggetto di anti­qua­riato da un mer­cante ita­lico nella prima età impe­riale (n. 16). Lascia inten­dere lo stu­pore di Sta­zio nelle sue Selve per un pic­colo Era­cle seduto a mensa (anch’esso atte­stato da una sta­tuetta in mostra, n. 17): «in così breve spa­zio, tanto grande illu­sione di bel­lezza! Quale misura nella mano! Quanta espe­rienza nell’applicazione del pro­vetto arte­fice, per pla­smare orna­menti da tavola e intanto agi­tare nell’animo immani colossi». Il poeta impo­stava la dia­let­tica della matu­rità di un’arte uni­ver­sale.

 Tra la clas­si­cità, cui appar­ten­gono i capo­la­vori citati, e l’ellenismo nella piena espres­sione del páthos («pas­sione», da cui il titolo dell’evento) si è indi­vi­duata da tempo la gene­ra­zione della maniera, che ini­zia nel 323, quando non solo Ales­san­dro, bensì alcuni mae­stri, Pras­si­tele, Sila­nione ed Eufra­nore, sono scom­parsi, men­tre si affer­mano i loro figli e disce­poli, in paral­lelo con gli eredi diretti del re, i dià­do­chi nella defi­ni­zione sto­rica, signori della guerra che lot­tano per divi­dersi le con­qui­ste. Evi­dente la coin­ci­denza con quanto accadde in Europa tra gli arte­fici del primo Cin­que­cento (con­ven­zio­nal­mente, avanti il sacco di Roma del 1527) e il barocco, che supera la «grande» o «per­fetta maniera» con l’attività di Cara­vag­gio (1590–1610). Sap­piamo del vec­chio Lisippo, nato intorno al 390, che nel 314 diven­tava in qual­che modo manie­ri­sta di se stesso, rias­su­mendo le pro­prie prin­ci­pali inven­zioni per cele­brare le Dodici Imprese di Era­cle, tro­vando poi la forza di tra­sfe­rire l’officina a Taranto per innal­zare i rivo­lu­zio­nari colossi di Zeus e di Era­cle.

 Anno­ve­riamo alla maniera antica la citata testa di cavallo, pro­ve­niente da Roma, che faceva parte della col­le­zione di Lorenzo il Magni­fico (n. 3). Note­vole la somi­glianza con quella che a Napoli risul­tava donata nel 1471 dallo stesso Lorenzo, ora in quel Museo Archeo­lo­gico Nazio­nale. Entrambe segna­lano un com­plesso eque­stre, sulla trac­cia di Lisippo, di cui abbiamo per con­fronto in mostra (n. 2) la replica ridotta dell’Alessandro in groppa a Buce­falo nella bat­ta­glia sul fiume Gra­nico (334).

 Ter­mine finale dell’età dei dià­do­chi era per lo sto­rico Dio­doro Sìculo il 301, quando cadde in bat­ta­glia Anti­gono, stre­nuo fau­tore dell’unità del domi­nio. Da quel momento la memo­ria di Ales­san­dro, come poten­ziale sovrano della terra abi­tata, non è più un modello attua­bile, e le diverse corti si sta­bi­liz­zano come auto­nome cer­chie di arte­fici.

 Il mondo che segue è quello degli epì­goni, pur sem­pre «suc­ces­sori», bensì distanti da Ales­san­dro, quando vediamo deli­nearsi il can­tiere di Per­gamo, la scuola di Rodi, l’intrepida ricerca del Museo che in Ales­san­dria spinge l’arte figu­ra­tiva all’immagine della sof­fe­renza e della defor­ma­zione. Le diverse ten­denze rivi­vono nel dos­sier pro­po­sto dal Getty Museum, con i pre­stiti inter­na­zio­nali da impor­tanti col­le­zioni pub­bli­che e pri­vate: si rac­co­manda full immer­sion, anche gra­zie ai saggi intro­dut­tivi del cata­logo!

 Illu­striamo solo l’idillico Eros dor­miente, Metro­po­li­tan Museum di New York, da un motivo che Pras­si­tele aveva affron­tato con altro dise­gno nel marmo. Viene da Rodi, vicino nello schema, pare incre­di­bile, al mostruoso Ciclope, addor­men­tato dal vino di Ulisse, che cono­sciamo nel gruppo di Sper­longa: pro­du­zione del’isola dorica, cor­ri­spon­dente all’Altare di Per­gamo, meglio defi­nito sto­ri­ca­mente (197–168).

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