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"UN DI VEDRETE MENDICO UN CIECO ERRAR SOTTO LE VOSTRE ANTICHISSIME
OMBRE"1.
OMERO E IL MISTERO DI TEMESA
Licia Landi ©1996
Esistono nomi cari all immaginazione, forse perche' evocano un
passato che si confonde con il mito, o forse perche' simboleggiano i sogni e la meraviglia
dell uomo di fronte all ignoto.
Sono rari e splendidi. Hanno la forza del vento, del mare, della terra
e del fuoco.
Sono i nomi dei poeti.
Esistono luoghi un tempo celebri e popolosi, le cui tracce sono state
cancellate dall incessante fluire del tempo. Di loro resta solo la memoria della
parola.
Sono i luoghi cantati dai poeti.
Enigmatica e ammaliante e' la storia di Temesa, citta' calabrese
dallillustre passato, misteriosamente svanita. A nulla sono fin qui valsi i
tentativi degli archeologi di individuarne il sito, solo ipotesi, e le piu' accreditate
parlano della Valle del Savuto, dell area circostante Campora.
L esordio poetico di Temesa fu regale: l Odissea del sacro
vate Omero.
Spentisi gli ultimi fragori della guerra di Troia, gli eroi achei
avevano fatto ritorno in Grecia, tranne Ulisse, trattenuto nell isola di Ogigia
dalla ninfa Calipso. Gli dei, allora, nel corso di un animato concilio, decisero che
l eroe potesse riabbracciare la sua terra e per questo inviarono ad Itaca Atena, con
le sembianze di Mente, re dei Tafi, per convincere Telemaco a mettersi in viaggio in cerca
del padre. La dea cosi' parlo' al giovane: " Adesso sono approdato ... con la nave e
i compagni, navigando sul mare scuro come vino verso genti straniere, verso Temesa, in
cerca di rame, e porto ferro fiammante"2.
I versi omerici, oltre a suggestionarci con la loro singolare forza poetica, ci rivelano
che Temesa era famosa per le sue miniere di rame ubicate, secondo Strabone3, vicino alla citta', ed era, nella Calabria
protostorica, tra il IX e l VIII sec a. C., centro attivo di scambio con il mondo
greco e con l Oriente fenicio e siro-anatolico.
La citta', fondazione ausonica, il cui nome deriva da una radice
semitica e significa "la Fonderia", fu colonizzata, dopo la guerra di Troia,
secondo Strabone, dagli Etoli di Toante, o, secondo l "oscuro poema"
Alessandra di Licofrane4, dai
Focidesi figli di Naubolo, entrambi guerrieri greci menzionati da Omero nel Catalogo delle
navi5, particolare questo molto
significativo perche' permette di collegare la colonizzazione leggendaria di Temesa al
patrimonio epico dei "nostoi".
All epos omerico, autentico "centro", per il suo
carattere enciclopedico, del complesso mondo mitologico greco, si riferiscono anche molti
episodi traditi da autori posteriori. E il caso, per esempio, della leggenda
dell eroe di Temesa narrata da Strabone e, con preziosa "curiositas", dal
periegeta Pausania6.
In breve i
fatti: Polite, compagno di Ulisse, approdato a Temesa, violento' una vergine e fu,
percio', lapidato dagli abitanti. Il suo demone si vendico' con tanta ferocia da
costringere la popolazione a dedicargli un santuario e a consacrargli, ogni anno, la piu'
bella fanciulla. Euthyco di Locri, vincitore per ben tre volte ad Olimpia nelle gare di
pugilato, mise fine a questo doloroso tributo, vincendo il demone che
"sprofondo' nel mare".
Pausania aggiunge nel suo racconto di aver udito la vicenda da un
mercante e di aver visto un quadro, copia di uno piu' antico, in cui erano raffigurati
Euthymo e il demone, spaventoso, nero e rivestito di una pelle di lupo.
Se
procediamo a una lettura stratigrafica del testo, possiamo giungere a stimolanti
deduzioni: la circostanza narrata testimonierebbe uno stato di soggezione degli abitanti
di Temesa, risolta dall intervento di Locri (probabilmente nel 472 a. C., come si
puo' evincere dal confronto con il fr. 98 degli Aitia di Callimaco); la storia integra
reminiscenze mitiche e religiose: il tipo di condanna cui viene sottoposto Polite,
lapidato da vivo e precipitato in mare, poi, come demone, presenta decise analogie
con i riti di esecuzione dei Pharmakoi, le vittime espiatorie a cui si dava la
caccia, secondo un determinato rituale, prima dell uccisione.
Con la ricchezza e la molteplicita' di notizie riguardanti le antiche
fasi di Temesa, contrastano la documentazione relativa al periodo romano, poco
significativa se si eccettuano i passi di Livio e di Cicerone che ci informano,
rispettivamente, della deduzione di una colonia di cittadini romani nel 194 a. C., dopo
l occupazione di Annibale7, e
della devastazione provocata dagli schiavi sfuggiti alla sconfitta dell esercito di
Spartaco nel 71 a.C.8, e i rari
documenti altomedioevali che menzionano la diocesi di Temesa sino alla fine del VII sec d.
C.
Da secoli ormai sugli antichi luoghi e' sceso il silenzio, ma a noi
"resta quel nulla d inesauribile segreto"9:
il dono della poesia.
1) Foscolo, Dei sepolcri, vv.279-281
2) Omero, Odissea, I vv.182-184 (Trad. Privitera)
3) Geografia,VI,1,5
4) v.1067 sg.
5) Omero, Iliade, II, v.638 e v.517
6) Periegesi, VI, 6,4-11
7) Livio, Storia di Roma, XXXIV,45
8) Cicerone, Act. In Verrem, sec. V,39 e 41
9) Ungaretti, Il porto sepolto
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